Xilitla. Due questioni da approfondire…

Qualche settimana fa, nell’ambito di un sereno, ma a tratti serrato dibattito quasi del tutto interno agli autori di quella che sarà la nostra prima opera di letteratura disegnata, ovvero “Xilitla”, sono emersi dei punti di vista che andavano approfonditi, più che altro per cercar di rendere questa storia, su cui io e GasMax67 stiamo lavorando ormai da tempo, il più corrispondente a ciò che fu la vita reale di Edward James https://unmonitoraccartocciato.altervista.org/che-cose-xilitla/?doing_wp_cron=1618908492.5877649784088134765625. Uno degli argomenti trattati in questa discussione è un aspetto piuttosto personale ed intimo che riguarda il mecenate inglese, e da considerarsi perciò delicato, forse anche di secondaria importanza ai fini narrativi, se non si potesse ipotizzare che quella condizione – che per i motivi che cercherò di spiegare di seguito, non è nostra intenzione approfondire – può aver influito nell’amplificare la sensibilità artistica di Edward. Del trattare o meno questo argomento ne abbiamo discusso tra di noi, e pure con un amico giornalista messicano che vive a Xilitla, ovvero Carlos Álvarez Gallegos, anche lui autore di un libro su Xilitla ed Edward James (che per chi parla spagnolo consiglio vivamente https://www.facebook.com/watch/live/?v=3940611596004369&ref=watch_permalink), e pur condividendo, tra di noi autori, il timore di auto-censura, che a volte spaventa chi scrive ben più della censura stessa vera e propria, abbiamo deciso di stendere, per così dire, un velo sull’argomento, avendo l’accortezza di lasciare qualche piccolo dettaglio che riprendesse la questione all’interno dei disegni di Gasmax67, per permettere all’occhio esperto delle cose del mondo di intravedere appena questo aspetto di Edward James, senza per forza enfatizzarlo a discapito di altri aspetti che invece hanno forse più a che vedere con la sua opera. Il fatto poi di essere pure in contatto con una delle nipoti di Plutarco Gastelum, per decenni amico fedele di Edward, e avendo letto un’intervista a questa signora in cui negava quella condizione, apostrofandola come invenzione giornalistica, ci ha fatto propendere proprio per la scelta di trattare molto alla lontana l’argomento, praticamente non accennandolo nemmeno. In più, la volontà di narrare questa storia anche attraverso il non detto, il non scritto e il non disegnato, alla ricerca della maniera di raccontare anche più di ciò che l’essere umano è in grado di vedere, come molto più magistralmente di noi, ambedue nei loro campi, fecero ad esempio Hugo Pratt oppure René Magritte – in cui, guarda caso accenna, nella lunga prefazione di“Una ballata del mare salto”, l’abile scrittore romano Marco Steiner che mette in collegamento i due, in qualche modo, al nostro Edward James https://unmonitoraccartocciato.altervista.org/quel-sottile-filo-rosso/?doing_wp_cron=1618909034.6194319725036621093750 – ha fatto il resto, per cui la scelta di trattare l’argomento molto, ma molto alla lontana, è stata infine condivisa e confermata.

Il secondo argomento di discussione, che ci ha visto ancor più d’accordo su quale linea seguire, riguarda sia un supposto convincimento “politico” del mecenate e poeta inglese, sia un parte importante del nostro libro, ossia il sottotitolo dello stesso. Il sottotitolo, come sa bene chi ci segue suoi social, è “Il folle sogno infinito di un anarchico inglese fedele alla corona” e qui le questioni che si ponevano era almeno tre, ossia: Edward James era, o si considerava, veramente anarchico? Lo stesso era davvero poi, fedele alla corona? E il sottotitolo sarebbe stato da cambiare nel caso in cui le risposte alle domande di qui sopra non soddisfacessero appieno le nostre curiosità? La prima domanda, anche questa discussa sia con Carlos Álvarez Gallegos, sia con Emma Dexter https://artistemmadexter.wordpress.com/1744-2/, una sua amica inglese, scultrice, scrittrice e insegnante al West Dean College – la tenuta dove nacque e visse una parte della sua vita Edward James – ci ha visto in realtà d’accordo tutti e quattro sull’opinione che Edward non fosse un vero anarchico nel senso proprio del termine, ovvero non fosse un militante di quel movimento, e neanche un anarchico individualista. Lo era però nell’animo, nelle scelte di libertà che fece, nel considerare la grossissima fortuna di cui dispose non il mezzo per soddisfare i propri piaceri, ma lo strumento da utilizzare fino all’ultimo cent per inseguire un sogno infinito e irrealizzabile, molto di più di quanto non considerasse irrealizzabile l’utopia di una società più giusta senza autorità né schiavitù. Era perciò un anarchico nel senso più pieno del termine, e nonostante i nostri due amici internazionali, non fossero convintissimi di ciò, ma neanche fermamente contrari – per dire, Carlos, dopo averci spiegato che Edward faceva parte di quei surrealisti che si era staccati dai “puristi” del movimento, fortemente politicizzati e guidati dal padre del surrealismo, André Breton, e dopo averci rivelato di aver letto tutti i libri che Edward scrisse, in cui la parola anarchia non compare mai, ci ha comunque consigliato di ascoltare il cuore in queste questioni, mentre Emma, pur spiegando che non considerasse il suo conterraneo un anarchico, ne sottolineava lo spirito libertario – siamo giunti alla conclusione che Edward fosse in realtà un vero anarchico, forse molto di più di quanto lo sono alcuni sedicenti militanti anarchici, soprattutto di quest’epoca… E comunque resta il fatto che Pino Cacucci, mio mentore e riferimento obbligato quando di Messico si parla, non solo lo considera un anarchico, ma cita nei suoi libri uno specifico coinvolgimento di Edward nella guerra civile spagnola, ovvero l’acquisto di un caccia bombardiere per sganciare bombe sui falangisti di Franco, che sfortunatamente però, per svariate ragioni, non arrivò mai a compiere un solo volo. La seconda questione, ovvero la supposta fedeltà alla monarchia inglese, sembra essere legata a doppio filo alla questione se Edward fosse o no anarchico e intricata almeno quanto il quesito precedente. L’inglese difatti era figlio di un aristocratica scozzese e di un ricco ereditiere ed esploratore americano, quindi formalmente di discendenza nobile, anche perché si vociferava, probabilmente a ragione, che Edward fosse in realtà figlio segreto di re Edoardo VII, che difatti frequentava stabilmente la tenuta di West Dean. Educato nelle scuole più prestigiose del Regno Unito, all’ingresso all’età adulta venne introdotto nei salotti buoni dell’alta società britannica, ma il suo carattere tranquillo e l’ingenua onestà che dimostrava gli procurano più di un guaio, fino a che, dopo il matrimonio e successivo divorzio con la bellissima attrice austriaca Tilly Losch, da quel mondo ne venne malamente allontanato. Qui si capisce che in realtà Edward provasse un certo risentimento verso il mondo ipocrita e falso dell’annoiata aristocrazia britannica, ma che lo volesse o no lui proveniva proprio da quella società, una società costruita su rigide tradizioni e valori inculcati ai membri di quell’ambiente fin dal nascita, per cui si capisce pure come, pur professandosi anarchico, o comunque ispirato da ideali libertari, continuasse a vedere nel re britannico prima, e nella regina poi, dei riferimenti sociali importanti, che lo accomunavano, per eredità di sangue, ma ancora più per merito/colpa della rigida educazione impartitagli, a tutti i sudditi di sua maestà inglese. Chiariti dunque questi aspetti vien da sé che il sottotitolo, tale come lo avevamo pensato fin dall’inizio, per ora rimarrà invariato, nonostante i comunque preziosi consigli di Emma Dexter che ci consigliava un qualcosa di simile a “L’eccentrico sogno di un aristocratico surrealista”, sottotitolo che comunque non escludiamo affatto di utilizzare, chissà magari in inglese per l’ipotetica e utopistica versione nella sua lingua del libro, o magari in parte proprio nella versione in lingua originale, facendo leva su quel “surrealista” che in fondo ci starebbe e, a dire la verità, manca un po’ nel sottotitolo… Resta comunque il fatto che parlare e confrontarsi tra di noi, e con chi dell’argomento senz’altro ne sa molto più di noi, non solo ci arricchisce culturalmente e arricchisce il libro che poi il lettore si ritroverà a leggere (che probabilmente non avverrà prima dell’autunno di quest’anno N.d.a.), ma contribuisce ancor di più ad appassionarci a questa storia, e a far in modo, speriamo, che molta gente ancora la conosca e la ami come avviene per chi scopre questo misconosciuto aspetto del Messico, e come tanti altri aspetti sorprendenti di questo meraviglioso Paese che continua a far innamorare di sé ancora migliaia e migliaia di persone in ogni angolo del mondo, proprio grazie a storie come questa.

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