Alla ricerca di Aztlán. Alle radici di questa storia…

Con l’ormai prossima pubblicazione del mio romanzo (relativamente) breve, “Alla ricerca di Aztlán” https://unmonitoraccartocciato.altervista.org/alla-ricerca-di-aztlan/?doing_wp_cron=1682099421.7994759082794189453125 e un minimo di interesse in più che grazie al contributo del mio editore, la Writers Editor https://www.shopwriterseditor.it/ questa mia ultima fatica letteraria sembra aver risvegliato tra lettori, amici, conoscenti e curiosi in generale, è senz’altro doveroso spendere qualche parola in più su questo lavoro, e portare il lettore un po’ alla scoperta delle radici di questa storia.
Bisogna innanzitutto dire che “Alla ricerca di Aztlán” è il mio primo romanzo, dopo un tentativo infruttuoso di qualche anno fa riguardante un’altra opera facente comunque parte del medesimo genere – titolo che però è rimasto ad ora incompiuto –, ma la mia produzione letteraria, prima di oggi sempre auto-prodotta (quindi con distribuzione molto limitata) per la fantomatica Pirati Edizioni e Autoproduzioni, è in ogni caso moderatamente ricca di opere più o meno riuscite https://unmonitoraccartocciato.altervista.org/catalogo-pirati-edizioni-2020/, quasi tutte con un Paese, il Messico, come ambientazione o in latente sottofondo.
E anche in quest’ultima mia opera, che si potrebbe forse definire un romanzo formativo, questo Paese, come si evince abbastanza chiaramente dal titolo (Aztlán difatti è la patria mitica, mai individuata con certezza, di provenienza dei mexicas, ovvero degli aztechi), che nel libro viene percorso dai protagonisti da sud-est a ovest, occupa una buona metà, se non di più, delle pagine dell’intera opera. Le novità però di questa mia ultima fatica letteraria, oltre al fatto di essere un romanzo, sono un po’ le radici da cui nasce, e a differenza di quasi tutti i miei precedenti lavori non prende come riferimento quell’ideale gruppo di scrittori che potrebbero essere definiti “messicanisti”, tra cui Pino Cacucci, Paco Ignacio Taibo II e Francisco Solano, ma nasce, come già spiegato in questo blog, da esperienze che apparentemente hanno poco a che vedere con la letteratura, almeno con quella ortodossa per così dire. Quest’ultimo lavoro difatti, concepito appena dopo quel libro di letteratura disegnata che è “Xilitla. Il folle sogno infinito di un anarchico inglese fedele alla coronahttps://unmonitoraccartocciato.altervista.org/category/xilitla/, portato a termine con il mio socio e compadre #GasMax67, alias Maurizio Gasparoni https://www.facebook.com/maurizio.gasparoni, avrebbe dovuto essere appunto un libro di letteratura disegnata, espressione con cui Hugo Pratt definiva quelli che di solito vengono chiamati comics, o fumetti. La defezione di #GasMax67, e a questo punto non so se ringraziarlo o rimpiangere ciò che avrebbe potuto essere, mi ha invece portato sulla strada di cui un po’ Marco Steiner, collaboratore a suo tempo di Pratt, è maestro, ovvero verso una sorta di romanzo fumettistico, ma senza il disegno. Per la serie come da un’oggettiva limitazione far scaturire una virtù…

Ma se questo del romanzo fumettistico è in effetti solo la forma che ha preso, viste le circostanze, un’idea che nasce anche da esperienze personali, alcune passate, altre attuali, la stessa necessita di una spiegazione, utile al lettore, come a chi sta scrivendo ora queste parole, per capire cos’è davvero questo romanzo.
Il libro, che si snoda attraverso una trama per così dire a singhiozzo, è incentrata in un preciso periodo storico, ovvero tra il ’35 e il ’37 dello scorso secolo. Lo scenario iniziale è quello della guerra civile spagnola, ma ben presto il sipario si schiude sul Messico, con la ricerca, iniziata comunque fin dalla prima pagina, del proprio vero padre da parte di un giovane australiano, e con questa ricerca, anche quella dell’Aztlán. C’è da sottolineare che il romanzo, scritto come si diceva appena dopo la pubblicazione di “Xilitla“, quest’ultimo scritto in pieno lockdown, quindi con difficoltà, ma anche, è innegabile, con qualche vantaggio derivante dal gran tempo libero che ci si ritrovava da gestire, è giunto in un momento particolare, sia della mia vita privata, sia di quella sociale, con il ritorno a quella normalità che il coronavirus aveva rivoluzionato. L’aspetto privato della faccenda, che forse non andrebbe neanche tanto spiegato, in quanto appunto privato, se non fosse intrinsecamente legato al romanzo, è proprio il rapporto padre-figlio narrato nel libro, con i rapporti che emergono tra i vari personaggi nel corso del delinearsi della trama visti infatti soprattutto dal punto di vista di un padre e di un figlio, qua e là con riferimenti alla madre e a un nonno, a mio nonno Angelo nello specifico, che assieme a mio padre e a Vittorio, nipote di mio nonno, compaiono nel libro. Nel periodo post-pandemia, in cui appunto ho scritto “Alla ricerca di Aztlán“, si sono delineate alcune questioni personali inerenti proprio il mio rapporto, come padre e come figlio, con mio figlio e con mio padre. Con mio figlio difatti, oggi 19enne prossimo alla maturità, moderatamente responsabile, abbiamo non da molto superato quella fase di ribellione adolescenziale (che io a cinquant’anni suonati devo ancora superare del tutto, a dire la verità…) che di tanto in tanto riemerge a ricordarci ad ambedue quanto bella sia in fondo la giovinezza, anche per queste cose. Con mio padre invece, complice sfortunatamente il periodo non propriamente idilliaco che sta vivendo, i cui momenti critici, con il nostro piccolo aiuto, stiamo cercando insieme di rendere meno critici, il rapporto si sta ricucendo dopo anni dove, forse proprio per colpa di questa concreta difficoltà di rapporti tra generazioni, incomprensioni, e in fondo a causa dei nostri rispettivi caratteri, il rapporto si era un po’ raffreddato, qualcosa di simile insomma all’iniziale rapporto tra Oliver e il padre ritrovato, nei primi capitoli, e poi nel finale di “Alla ricerca di Aztlán“.

Il romanzo che spero abbiate intenzione di acquistare e di leggere tutto d’un fiato o quasi, tratta dunque di rapporti che ognuno di noi ha vissuto, o sta, come il sottoscritto, vivendo. Ma ha pure ulteriori elementi che possono essere interessanti, e che sorprendentemente, sono legati non solo a quel genere letterario citato solo poche righe fa, la letteratura disegnata, ma pure a uno dei personaggi che uno dei padri di questo genere, e mi fermo qua per non dare troppi riferimenti al lettore curioso, ha inventato e reso celebre, la cui storia personale ha influenzato, attraverso gli echi di questo popolare personaggio, il padre co-protagonista di questa storia.

Ultimo spunto qui, ma senz’altro non nel libro, che ne riserva parecchi altri, ma che può senz’altro suggerire un comune sentire tra quanti hanno una certa sensibilità verso certuni argomenti, può in fondo essere l’essenza vera e propria di questo romanzo, ovvero la spasmodica ricerca di qualcosa che anche noi stessi non sappiamo ben definire. Questa cosa, questo elemento, che ci riporta alle radici di questa storia, può esser difatti incarnato da quell’Aztlán, la mitica ed incerta patria origine di quelli che noi chiamiamo aztechi, che prima di essere appunto l’origine di questo popolo, è nel romanzo in fondo solo un’utopia irraggiungibile, ma da inseguire come se fosse l’orizzonte – irraggiungibile appunto – e da perseguire ad ogni costo perché al finale risponde all’insopprimibile esigenza umana di continuare a camminare, e insieme a vivere, lungo i tortuosi e a tratti meravigliosi sentieri dell’esistenza…

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