Sulla guerra civile spagnola

Un gruppo di giovanissimi miliziani della Federación Ibérica de Juventudes Libertarias transitò davanti a loro in direzione contraria alla loro marcia. Tra essi, erano circa una decina o poco più, c’era un ragazzino appena quindicenne che il padre di Oliver aveva conosciuto qualche settimana prima di ritorno dal fronte andaluso. Era rimasto sorpreso e perfino ammirato dalla determinazione che aveva notato in quel ragazzino, ma dopo aver scambiato qualche battuta con lui, in una conversazione carica di idealismo e utopia, era arrivato a concludere che probabilmente quel ragazzino non sarebbe sopravvissuto molto, esattamente come la sua utopia, allo scontro con la realtà del fascismo di Franco e di ciò che sarebbe sorto da quel regime autoritario. Si sbagliava perché Diego Camacho – così si chiamava quel giovane libertario – sarebbe sopravvissuto a tutto, tranne alla vecchiaia…”

(tratto da “Alla ricerca di Aztlán“, di prossima pubblicazione…)

La guerra civile spagnola, le cui vicende hanno dato vita a memorabili film – come scordare ad esempio quel capolavoro assoluto di Ken Loach che è “Tierra y libertadhttps://youtu.be/XopUTiVUIno –, e altrettanto memorabili romanzi, e argomento trattato pure nel mio nuovo lavoro “Alla ricerca di Aztlán“, https://unmonitoraccartocciato.altervista.org/alla-ricerca-di-aztlan/?doing_wp_cron=1678288385.2999019622802734375000, di prossima pubblicazione per la WritersEditor https://www.shopwriterseditor.it/, è stata testimone di avvenimenti piuttosto rilevanti nella storia europea del secolo scorso, oltre che di esperimenti politici e sociali, di stampo progressista, sicuramente singolari. Mi riferisco, tra i tanti, alla partecipazione degli anarchici, dapprima al governo regionale della Catalogna, poi addirittura a quello centrale della Spagna con quest’ultimo che si dichiarava, evidentemente a ragione, il legittimo governo spagnolo sorto sul fronte repubblicano in contrapposizione a quello golpista retto dai militari. La singolarità di tutta la faccenda sta naturalmente nel fatto, esempio unico da quando è sorto il movimento anarchico sullo scenario della Storia, della partecipazione di costoro all’amministrazione di uno stato, considerato che gli anarchici sono da sempre, per loro stessa natura, nemici giurati dello stato e delle gerarchie che lo reggono. Ambedue le decisioni, ancor oggi oggetto di dibattito tra militanti e storici, furono considerate anche allora piuttosto avventate a detta pure di molti anarchici, mentre per altri tutto ciò fu semplicemente un passo inevitabile nell’eccezionalità di quel particolare momento. Il golpe fascista che portò successivamente al potere Francisco Franco infatti, scoppiato in un momento in cui le forze tradizionali della sinistra spagnole, vincitrici di stretta misura delle elezioni, sembravano non solo indebolite, ma pure, come da “miglior” tradizione di sinistra, frammentate tra di loro, ebbe l’indubbio “merito” di accendere definitivamente la miccia, già pronta a brillare al fuoco della rivolta, nelle coscienze più autenticamente rivoluzionarie che soprattutto in Catalogna erano in parte rilevante di matrice anarco-sindacalista. Dalla necessità di contrastare con ogni mezzo l’estrema destra reazionaria e filo-nazista, maturò quindi la decisione degli anarchici, non solo di partecipare attivamente (andando a votare) a quelle elezioni, ma pure poi di contribuire sia alla formazione del governo della Generalitat catalana, il governo regionale della Catalogna, sia a quello repubblicano spagnolo, con un totale di ben sette ministri, tre nel governo catalano, quattro in quello repubblicano, e con anche alcune curiose figure, come ad esempio Juan García Oliver, titolare del dicastero della giustizia durante il governo di Largo Caballero. Durante il suo “singolare” mandato, in un curioso episodio difatti, l’anarchico catalano, davanti agli ufficiali schierati, tenne un accorato discorso in cui insistete con veemenza sull’importanza della disciplina, citando la rapina al Banco de Espana di Gijon a cui, disciplinatamente, assieme ai suoi compagni della CNT, la Confederación Nacional del Trabajo, aveva partecipato per finanziare il sindacato anarchico.

Altra vicenda per certi versi singolare che la guerra civile spagnola partorì, e che come questa compare nel mio “Alla ricerca di Aztlán“, riguarda i cosiddetti “Niños de Morelia”, i figli di repubblicani spagnoli che il governo messicano accolse disinteressatamente durante la guerra civile spagnola https://youtu.be/S0y-yIgKY2M. Il governo messicano di Lázaro Cárdenas, uno dei più illuminati presidenti (uno dei pochi a dire la verità) della nazione erede di aztechi e maya, si offrì infatti di accogliere quasi mezzo migliaio di bambini e ragazzini spagnoli nel nome di un’umanità che allora ben poche nazioni dimostrarono, almeno ufficialmente, se consideriamo che oltre al Messico, l’unico paese che sosteneva il fronte repubblicano era l’Unione Sovietica, che di certo però agiva tutt’altro che disinteressatamente, come emerse poi abbastanza chiaramente dall’evolversi della guerra civile. Certo, altri paesi, nello stesso periodo fecero come, e meglio del Messico da questo punto di vista, ma ciò che si può evidenziare di questa faccenda è che la nazione centramericana, nonostante cinque secoli prima avesse subito una conquista barbara e violenta proprio dagli avi di quelli che accoglieva, allora, riconoscendo la vera umanità in quelle giovani e sfortunate vite, non cadeva nella tragica trappola di addossare su degli innocenti, la cui unica “colpa” era essere nati da genitori amanti della libertà sopra ad ogni altra cosa, le pesanti responsabilità di quanti, generazioni e generazioni prima, avevano sconvolto le esistenze dei loro antenati indigeni.

I cosiddetti “Niños de Morelia” sarebbero tornati alla natia Spagna, chi solo qualche anno dopo la fine del conflitto, chi invece quasi quarant’anni dopo, con la morte di Francisco Franco e la caduta della dittatura. Alcuni avrebbero ritrovato le proprie madri e i propri padri in carcere, altri addirittura defunti, ben pochi invece avrebbero riabbracciato i genitori fin dal ritorno in Spagna. Una sparuta minoranza di loro invece, come altri migliaia di esuli repubblicani, avrebbe continuato a vivere in Messico, e probabilmente ancora oggi qualche anziano reduce da quella dolorosa diaspora vive nella terra che fu di Cuauhtémoc e Pancho Villa, ormai perfettamente messicanizzato, tanto da aver dato al Paese che tanto generosamente li aveva accolti, figli, nipoti e pronipoti.

Questi due esempi, a distanza di neanche cent’anni dallo scoppio di quella che è stata, non solo una tragedia per il popolo spagnolo, ma un po’ l’anteprima di una catastrofe ancor più drammatica come si sarebbe rivelata poi la seconda guerra mondiale, rovescia un po’ la prospettiva sull’inutilità dei conflitti, almeno per ciò che ha significato la guerra civile spagnola in termini di lotta per i diritti delle classi più povere. Certo la tragedia, la morte, la distruzione sono state reali e hanno marchiato a fuoco le coscienze di milioni e milioni di spagnoli, europei e cittadini di tutto il mondo. Ma è stato con quella rivoluzione sconfitta dalla barbarie più spietata e rivoltante, che a seconda della nazione in cui ha posto le sue sudice mani è stata chiamata nazismo, fascismo, stalinismo, neo-liberismo o capitalismo, che si è parlato per la prima volta ad esempio di diritto all’aborto. E pure di diritto di voto e di partecipazione alla vita politica di una nazione per le donne, di democrazia dal basso, di diritti all’autodeterminazione dei popoli, ma pure di libertà sessuale, di culto (e di non-culto) e di altre conquiste sociali che nella moderna e tollerante Europa, nel miglior dei casi sono state conseguite con decenni di ritardo rispetto all’esperimento spagnolo durante la guerra civile, e in molti casi sono ancora da ottenere. Ed è triste ammetterlo, ma in fondo è stata anche quell’immane tragedia a porre nella terra il seme della libertà, quel seme che poi è germogliato, e continua a farlo tutt’ora, nel fiore della ribellione di chi ha ancora un po’ di cuore per sognare un’alba diversa da quella fosca e tetra che ogni giorno, i potenti di turno, hanno minuziosamente disegnato per milioni di donne, uomini e bambini.

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