L.A.

Ha un cuore noir, criminale e perverso, ma ha anche una facciata solare un po’ troppo glamour, che se non è del tutto artefatta è solo perché la città sorge proprio lì, di fronte allo smisurato Pacifico che a quelle latitudini sembra perennemente in balìa di un sole feroce e canicolare per gran parte dell’anno. Eppure anche Los Angeles, L.A. per gli amici, sa essere fredda, sia per il clima, anche se davvero raramente, sia “caratterialmente”, nonostante sia poi una delle metropoli statunitensi che accoglie più stranieri, spesso non accorgendosi affatto della loro presenza, o facendo finta di accorgersene. Basterà, per convincersi, chiedere a uno qualsiasi dei suoi sempre più numerosi homeless se anche L.A., certe mattine di gennaio, con le ossa che scricchiolano per la nottata passata in un qualunque riparo di fortuna, sia o non sia fredda, oltre che indifferente e spesso, spietata. Quanto possa essere fredda lo sanno bene, per esempio, dalle parti di Skid Row, desolato quartiere dei senzatetto losangelini e terzo mondo ad appena qualche isolato dal Financial District, il quartiere degli affari di Los Angeles, dove i loser del sogno americano vengono lasciati a marcire, senza nemmeno doverli trasferire troppo lontano dai luoghi in cui lo spietato capitalismo americano ha decretato il loro fallimento. . Ma L.A. è anche la città dai mille colori, oltre al nero del suo cuore, e non tutti questi colori sono ciò che sembrano. C’è il giallo delle comunità cinesi, coreane, giapponesi e thailandesi, simbolo sia di un’integrazione oramai acquisita e consolidata, sia delle varie mafie e mafiette – prima fra tutte la tristemente famosa Triade cinese – che insanguinavano, e continuano a insanguinare, le strade della metropoli. C’è il rosso acceso, provocante e licenzioso dell’industria del porno che a L.A., accanto alle grosse produzioni destinate al mercato internazionale, propone centinaia se non migliaia di titoli provenienti dalle produzioni più svariate che a volte degenerano nei famigerati smuff movies, veri e propri filmini per maniaci sado-paranoici in cui “l’attrice” di turno, spesso minorenne, viene torturata e uccisa “dal vero”, ma c’è anche il rosso fiammante delle innumerevoli Ferrari, Maserati e Lamborghini che fanno di L.A. una delle metropoli con la più alta concentrazione di bolidi da miliardari del mondo. C’è il verde dei boschi sulle aride colline che circondano la città, ad esempio lungo la Mulholland Drive, quella che Michael Connelly ha definito “la spina dorsale della città”, e c’è il grigio dello smog e delle infinite highways, che sono senz’altro uno dei simboli della città. Insomma, una metropoli – ma sarebbe più sensato definirla come “una federazione di metropoli” – senz’altro multicolore, ma con una certa tendenza, se non propriamente al nero, a un generale “oscurantismo” in qualsiasi sfumatura forse sì, basti pensare alle innumerevoli immagini notturne che hanno immortalato quel buio, la densa coltre nera di Los Angeles “ammorbidita” dallo sfolgorio delle sue mille e mille luci artificiali, quelle che di notte disegnano e ridisegnano lo skyline dei suoi innumerevoli grattacieli. Difficile farne un paragone con altre città, con quelle europee poi, la cosa è talmente fuori luogo da arrivar a pensare che lei sia un’altra cosa, un luogo, o un non luogo, senza storia né anima, anche se poi, chi l’ha conosciuta, non importa se per un paio di giorni o decenni, e in qualche maniera ci è entrato in sintonia, giura che L.A. un’anima ce l’ha, un’anima nera come il suo cuore, in una terra per bianchi, che è stata messicana, cumash, tongva e chissà cos’altro, e pure, per pochi giorni, addirittura argentina, grazie alle sconclusionate e sorprendenti imprese del corsaro franco-argentino, Hippolyte de Bouchard https://it.qaz.wiki/wiki/Hippolyte_Bouchard#California_and_Central_America. Los Angeles, in fondo, un’anima ce l’ha. Forse perduta, ma ce l’ha. Ed è sicuramente nascosta, non si mostra facilmente ai turisti che per la prima volta la scoprono pensando che questa metropoli sia solo Malibù, Santa Monica o Hollywood, e spesso è talmente nascosta che si perde. Senza dubbio comunque preferisce perdersi in altre zone che non quelle frequentate dai turisti, altri luoghi, per esempio a Compton, quartiere che ha dato i natali al gangsta rap, la branca più dura e incazzata di un genere, l’hip-hop, che stava attraversando in quel periodo – siamo alla fine degli anni ’80 del secolo scorso – un forte imborghesimento che ne minava la stessa esistenza. Anche a Watts si può rischiare di conoscere la vera anima di questa metropoli, sempre che non ci si perda o non si venga prima rapinati o uccisi. E anche se in fondo non è così probabile che succeda qualcosa del genere, rimane pur sempre il distretto residenziale più povero dell’intera città, ma con un mix di etnie tra i più ricchi. Nel quartiere ci sono anche le Watts Towers, delle surreali torri volute da un immigrato italiano, Sabato Simon Rodia – tra le curiosità, unico italiano presente nell’affollata” copertina del leggendario album dei Beatles “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” –, costruite con materiale di scarto, come bottiglie, ceramiche e cemento. Molti anni fa, l’intera opera ha corso il rischio di venir abbattuta, ma l’interessamento di una parte del movimento surrealista di allora ha evitato il peggio, tanto che le torri sono poi servite da ispirazione pure ad Edward James, l’eccentrico mecenate inglese che usò come modello le torri di Watts per costruire alcuni dei suoi sogni più arditi a Xilitla, nel profondo della giungla messicana https://unmonitoraccartocciato.altervista.org/che-cose-xilitla/. Los Angeles, da qualcuno chiamata pure lost angeles, è questo e molto di più, quando poi si riesce a incontrarla di persona può assumere forme ed essenze che posso assomigliare da vicino a qualsiasi cosa che in fondo, ci possa sembrare molto familiare, ma personalmente ho una sua precisa immagine che ricordo ogni volta che il pensiero va a questa città, un’immagine che chissà, un pittore o un illustratore potrebbe descrivere meglio di tante parole, ma che per me assomiglia quasi a una signora, una signora misteriosa e affascinante. Sì, una bella signora, ma vestita di nero, e sdraiata in riva al Pacifico, magari al tramonto, mentre sorseggia uno dei mille cocktails che gli innumerevoli american bars di L.A. miscelano più o meno bene, più o meno dappertutto, ma a prezzi che di solito sono più alti, e di certo meno “attrattivi”, di quello che ci si potrebbe aspettare. Una signora noir Los Angeles, un’altra anima perduta in fondo…

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