México Sur Real – In volo con le monarcas (seconda parte)

(seconda parte)

La scoperta della sua gravidanza, la colse un po’ di sorpresa, disorientandola forse; l’amore di Miguel e le sue dolci parole però, la tranquillizzarono dopo pochi giorni, tanto che lo stesso Miguel la accompagnò da un’amica di sua madre che di mestiere faceva la ginecologa proprio nel quartiere dove viveva lui, la quale rassicurò subito Evelyn sullo stato del feto, e sulla sua sana crescita che era controllata periodicamente, tramite anche analisi ed ecografie. Quando Nora nacque, era una splendida giornata di primavera; Evelyn fu ricoverata praticamente all’alba al Paradise Valley Hospital di National City, un quartiere un po’ più decente non troppo distante dal Barrio Logan, e alle nove di mattina la sua bambina era già nata. Naturalmente entrambi erano strafelici di quell’avvenimento, anche se erano abbastanza coscienti delle difficoltà che avrebbero incontrato nei mesi e negli anni a venire, ma comunque soddisfatti per iniziare a sperimentare gli ostacoli che gli si sarebbero parati davanti, soprattutto pensando che Evelyn pochi mesi prima, non pensava ad altro futuro che non fosse differente dalla prossima volta che si sarebbe fatta. L’appartamento dove fu portata Nora dopo la nascita, cioè l’appartamento dove Miguel ed Evelyn vivevano insieme da pochi mesi, era poco più di un buco di poche stanze, ma comunque dignitoso per la loro piccola famiglia. Miguel lavorava ancora ai campi dell’azienda in cui era stato assunto già da diversi anni, e si dava da fare per conciliare le esigenze economiche della sua famiglia – e quindi parecchie volte si fermava a lavoro per farsi ore straordinarie che non sempre gli venivano poi pagate – con il tempo, che era sempre poco, da passare con la propria compagna e con la piccola Nora. Un bel giorno lui, tornando da lavoro e trovando la figlia dormiente, poté finalmente parlare con Evelyn come desiderava fare da molto tempo, e dopo un breve preambolo in cui si diceva soddisfatto del cambio radicale che lei aveva fatto, le chiese candidamente: – Evelyn, vuoi sposarmi? Lei non seppe che rispondere per la gioia, ma dopo pochi istanti scoppiò in un pianto di felicità da cui scaturivano ossessive solo due lettere ripetute all’infinito: – Sì, sì, sì, sì… Si sposarono un paio di mesi dopo nella chiesa cattolica di Nuestra Señora de Guadalupe, nel quartiere dove abitavano, e continuarono a vivere nella loro modesta abitazione per qualche tempo ancora, finché a Evelyn non venne in mente che era ancora proprietaria di una piccola villa a La Jolla, a nord di San Diego, comprata a un’asta fallimentare assieme a un’altra sua ex-collega del bordello di lusso in cui allora, ambedue lavoravano, morta un paio d’anni prima. Questa ragazza, che come lei in pratica non aveva mai avuto una famiglia, prima di morire gli aveva intestato a suo nome l’altra metà della villa, cosicché lei ne era diventata l’unica proprietaria quasi senza saperlo, e questo fu un bene, perché se avesse avuto coscienza, durante il periodo della dipendenza da droga, di possedere una tale proprietà immobiliare, se la sarebbe sicuramente venduta per comprarsi l’eroina. Così, dopo aver trovato le chiavi della casa in mezzo a un’enorme mazzo di chiavi di cui per una buona metà, non si ricordava a quali serrature potessero mai corrispondere, un bel giorno entrarono nella villa praticamente abbandonata da chissà quanto tempo. La casa naturalmente era un po’ in rovina, ma rapidamente Miguel calcolò che con un piccolo investimento, e dedicandoci le poche ore di riposo che aveva, avrebbe potuto metterla in ordine, e trasferirvisi con moglie e figlia, anche se lui, in fondo, era un po’ perplesso su questo punto, forse sarebbe stato più saggio affittarla e continuare a vivere ancora un po’ nel Barrio Logan. Evelyn invece non era d’accordo, perché quel quartiere era troppo pericoloso per lei e la bambina, e altri posti dove andare non ce n’erano, e poi avrebbero avuto la piscina privata, e sarebbero vissuti in un quartiere di lusso a contatto con il fior fiore della società di San Diego. – Già – le rispose lui in un attimo d’ira – e per fior fiore della società tu cosa intendi? Forse quelle che come facevi te, la davano via in cambio di qualche grammo di coca? Evelyn rimase stupita dalle parole di Miguel: da quando si erano conosciuti, non si era mai espresso in quel modo, e mai e poi mai aveva fatto dei riferimenti così pesanti al suo passato. Quel giorno litigarono per la prima volta da quando si erano conosciuti, ed Evelyn era così triste che, in quegli istanti, avrebbe voluto riprendere a farsi, per fare del male a lui, il suo unico grande amore, ma soprattutto per fare del male a sé stessa. Alla sera, erano già che facevano la pace, anche se Miguel in realtà non era troppo soddisfatto: lei naturalmente l’aveva avuta vinta, anche se fu costretta a fargli piccole concessioni, del tipo che non avrebbero abbandonato completamente il Barrio Logan, dato che lì vivevano ancora parenti e amici di Miguel, e che bisognava pur andarli a trovare almeno una volta alla settimana. Il restauro e il seguente trasloco, furono abbastanza veloci, anche perché la stessa Evelyn collaborò molto attivamente nel rimettere in ordine quel villino; l’investimento che fecero però per questa ristrutturazione, sforò di un bel po’ la cifra prevista da Miguel, che restava scettico circa quel trasferimento, anche se non lo diceva apertamente a Evelyn. Nora intanto cresceva bene, circondata dall’amore dei genitori, degli amici di Miguel e dei nuovi vicini che trovavano la bimba semplicemente favolosa. La piccola dimostrava già in tenera età di essere innamorata di ambedue i genitori, anche se aveva una speciale intesa proprio con la madre. Miguel, visto che i costi per mantenere quel villino erano sicuramente superiori ai costi dell’appartamento nel Barrio Logan, si trovò un altro lavoretto, ossia la pulizia serale del mercato ittico di San Diego, ma i soldi parevano non bastare mai, tanto che anche Evelyn, quando Nora aveva quasi compiuto un anno, si trovò a fare le pulizie mattutine per una signora che abitava in una villa lì vicino, ma ciò che guadagnava lo spendeva in pratica per la baby-sitter. La goccia che fece però traboccare il vaso, fu la “casuale” visita di un’ex-collega di Evelyn che la andò a cercare proprio a casa. Questa ragazza, che di nome faceva Amanda, le raccontò la favola che ormai era fuori dal giro, e che si era sposata con un miliardario di San Diego il quale da poco aveva acquistato una villa da quelle parti, e alla fine lei era venuta a sapere che una certa Evelyn era andata a vivere in quel villino che era appartenuto a due sue “carissime” amiche, una delle quali, ne era certa, si chiamava proprio Evelyn, e così aveva fatto due più due, e alla fine, dopo molti tentennamenti, si era decisa ad andarla a trovare. Evelyn si ricordava perfettamente di quella ragazza, di quanto cara e sempre disponibile si era sempre dimostrata con lei, e anche se gli sembrò da subito un po’ cambiata, la accolse in casa proprio come una vecchia amica. Miguel era fuori, come al solito a lavorare, e così presero a parlare del più e del meno, finché Evelyn non le rivelò le loro difficoltà finanziarie, non senza una certa vergogna. Amanda, che durante la conversazione le aveva più volte detto che lei viveva praticamente mantenuta da suo marito, il miliardario, le rivelò, che di tanto in tanto, tornava al loro vecchio mestiere, anche se solo per un capriccio, visto che non ne avrebbe avuto bisogno. – Se ti va – le aveva proposto – posso darti qualche cliente mio, ti pagano bene, sono gentili e veri signori, e poi vengono da fuori, quindi nessuna interferenza con la tua vita privata – le aveva assicurato tenendo le sue mani tra le proprie. – Ma che dici mai? – fu la risposta di Evelyn, animata dal serio proposito di non ricadere nel giro per nessun motivo. – Ma guarda che io lo dicevo per te – rispose platealmente Amanda, per poi aggiungere – in fondo sei tu quella in difficoltà e poi, guarda che è molto meglio di quello che pensi, qui parliamo di persone altolocate pronte a spendere cifre importanti per cinque minuti di normalissimo sesso… – No Amanda, non me la sento… davvero, ormai sono sposata e ho una figlia, mi sentirei davvero un essere spregevole… senza offesa per te naturalmente… – Come vuoi – le rispose Amanda cercando di mantenere un tono cordiale – comunque se ci ripensi, puoi trovarmi a questo numero – le disse passandogli un bigliettino in cui c’erano stampati il suo nome, la strana definizione probabilmente del suo lavoro, e un numero di cellulare.
Evelyn lo fissò per qualche secondo e poi lo appoggiò sopra al tavolino del salotto in cui avevano conversato fino allora. Poi accompagnò l’amica alla porta, e dopo averla salutata, ma senza avergli promesso che si sarebbero riviste, tornò con calma in salotto, e sprofondò nel divano dove poco prima era stata seduta con Amanda. Nora stava dormendo nella sua cameretta e in casa regnava una calma irreale, davvero strana pensando che quasi tutto il giorno, e a volte anche di notte, tra quelle pareti regnavano i pianti e le risa della loro bambina, il rumore della tele o dello stereo, la lavatrice che andava un giorno sì e l’altro pure, più altri mille piccoli e grandi rumori, che alla fine della giornata facevano quasi sfibrare Evelyn.
Prese in mano il biglietto da visita che Amanda le aveva lasciato, lo guardò per un po’ leggendo a bassa voce il nome dell’amica, la “professione” e il numero, lo rigirò sopra e sotto come se da quel biglietto potessero sgorgare chissà quali altre rivelazioni, e infine si decise di nasconderlo dentro il suo portafoglio, nel timore che se Miguel lo avesse trovato, chissà cosa avrebbe pensato.
“Giustamente” aggiunse mentalmente mentre richiudeva il portafoglio.
Quando Miguel tornò a casa da lavoro, il sole era ormai tramontato da qualche minuto. Come una normalissima serata, trovò Nora, che da qualche ora si era svegliata dal suo riposino pomeridiano, mentre era già intenta a mangiare il proprio pasto, ed Evelyn tutta indaffarata in cucina a preparare tacos de arrachera al proprio maritino. – Ciao amore, com’è andata oggi al lavoro? – le chiese lei simulando leggermente un’allegria che non le apparteneva del tutto. – Bene, bene – rispose lui – però oggi sono un po’ stanco. Vediamo se estos tacos me vuelven a la vida – e dicendo questo la prese da dietro abbracciandola e facendo schioccare un tenero bacio sulle sue labbra, per poi andare a baciare la piccola Nora. Dopo un po’ erano tutti e tre seduti a tavola a chiacchierare e a ridere e a mangiare come succedeva ogni giorno in quella casa a quell’ora, e a Evelyn tutto questo aveva fatto dimenticare addirittura la visita pomeridiana di Amanda. Poi, poco prima delle dieci di sera, Nora prese sonno nel suo lettino, e loro due si abbandonarono a fare l’amore nella loro stanza, anche se Evelyn non riuscì a coinvolgersi come faceva di solito in quelle occasioni. Al termine di quei caldi sospiri, Miguel cadde esausto prendendo a russare rumorosamente. Lei invece non riusciva a chiudere occhio, vuoi per il russare di Miguel, vuoi per gli strani pensieri che si erano impossessati della sua mente. Si alzò, andò in cucina a bere un bicchiere d’acqua, si mise a guardare distrattamente la tele, andò due volte a dare un’occhiata alla piccola e poi, dopo un paio d’ore ritornò in camera da letto, dove Miguel fortunatamente aveva smesso di russare. L’indomani si sarebbe svegliato alle cinque, ed era già l’una e mezzo. Dopo essersi coricata e aver aperto il cassettino del suo comò, estrasse il portafoglio, e da questi il bigliettino che Amanda le aveva lasciato. Ci ragionò su tutta la notte, giungendo alla conclusione che se avesse accettato quella proposta, lo avrebbe fatto solo per la propria famiglia, per l’amore di Miguel che tanto lavorava mentre lei se ne stava in casa con la piccola, e per l’amore e l’avvenire di Nora, anche se sentiva che in fondo quell’amore, con la sua eventuale adesione alla proposta di Amanda, lo avrebbe inevitabilmente tradito. L’indomani mattina, quando ormai il sole era ben alto nel cielo californiano e l’aria fresca che soffiava dal mare ne portava la piacevole brezza, Evelyn prese in mano quel bigliettino, il telefono, e con apparente calma, compose quel numero. Dopo neanche tre giorni, Evelyn riceveva in una lussuosa suite di un famoso hotel del centro, il primo cliente, un facoltoso uomo d’affari newyorchese, e con quei primi denari che guadagnò, poté pagare alcuni debiti accumulati in quel periodo. Nora fu affidata di nascosto, durante quelle sue prestazioni di lavoro, a una baby-sitter di fiducia che Evelyn aveva conosciuto nel Barrio Logan durante il periodo in cui avevano vissuto in quel quartiere, appunto. A Miguel aveva raccontato che era riuscita a trovare un buon lavoro in un panificio del Gaslamp District, ma quando i guadagni furono troppo alti per poterli giustificare in quella maniera, dovette inventarsi un’eredità lasciata da un lontano zio, che evidentemente non era mai esistito. Ci mise comunque poco a non dover giustificare con qualche altra bugia quei lauti guadagni altrimenti difficilmente spiegabili, perché Amanda un bel giorno, raggiunto lo scopo di soggiogarla almeno superficialmente, in un attimo di debolezza di Evelyn, le offrì di fumare del crack, che in quei tempi faceva la sua comparsa nelle coste californiane. – E’ solo coca – le disse mentendo Amanda – qualche tirino prima di andare con quel miliardario che non è poi troppo piacevole ti faranno solo bene, così nemmeno te ne accorgi… Da quel giorno invece, Evelyn incominciò la sua ridiscesa verso gli inferi della droga, poiché il crack, che all’inizio i Managua Boys – cioè i somozistas che il governo statunitense finanziava nella lotta contro il governo sandinista del Nicaragua – distribuivano gratis in tutte le periferie delle metropoli americane, ha la “simpatica” caratteristica di provocare dipendenza pressoché immediata, con la necessità per il tizio che la prova anche solo un paio di volte, di fumarne sempre di più, fino alla fine. Miguel naturalmente, dopo un po’ che continuava quella storia, si accorse che qualcosa non andava in Evelyn, sempre più distratta e assente, e sempre più lontana persino dalle esigenze di Nora, che intanto cresceva sempre più allegra e viva. All’inizio però, poiché gli “effetti collaterali” del crack erano ancora lievi, Miguel attribuì quegli strani comportamenti di Evelyn alla stanchezza e allo stress, cosa che poteva risultare abbastanza credibile perché il lavoro domestico, che comunque toccava ancora in maggior parte a lei – dato che lui lavorava ancora per dieci, dodici ore al giorno – sommato al lavoro che lei diceva di aver trovato, potevano anche provocare un certo affaticamento. Poi però iniziarono le crisi, che Evelyn fu abile a nascondere e dissimulare, anche quelle rare volte che gli capitarono in presenza di suo marito, finché a Miguel non gli capitò di ascoltare una conversazione telefonica che Evelyn sostenne con Amanda, diventata nel frattempo sua protettrice per conto di un boss della mafia locale, nonché sua pusher esclusiva, in cui Evelyn gli chiedeva più roba perché era in crisi. – E i soldi ce li hai? – gli chiese astiosa la sua ormai ex-amica tramutata nella sua carnefice. – No – piangeva sconsolata Evelyn – però posso procurarmeli… non mi hai detto ieri che c’è quel tipo che vorrebbe fare quelle cose schifose con me e paga bene? Amanda dall’altro capo del telefono attese qualche secondo prima di rispondergli, poi la sua voce sinistra tuonò con malvagia naturalezza: – Sì, il tipo c’è ancora, solo che ora paga meno e porta anche un paio di amici… se per te può andare bene? – Sì Amanda, qualsiasi cosa, ho bisogno della tua maledetta roba, qualsiasi cosa… In quel momento la mano di Miguel, poggiandosi sul tasto del ripetitore della cornetta, interruppe drasticamente la conversazione, e lo sguardo terrorizzato di Evelyn, dopo aver incontrato gli occhi severi del marito, si abbassò amaramente al pavimento, convinta come era evidente, di non poter più nascondere la sua nuova dipendenza. – Che cosa hai fatto? – le chiese disperato Miguel, mentre lei pensava che ormai fosse alla fine, non sapendo tutte le sofferenze che aveva ancora da affrontare prima di quella che lei egoisticamente, pensava fosse la fine. Poi prese forza, e dopo aver giurato che c’era ricaduta solo per amore suo e di Nora, gli raccontò tutto, di Amanda, dei suoi primi facili incontri con miliardari disposti a pagare bene per una semplice scopata, della droga che all’inizio Amanda gli dava gratis e che lei prendeva per sentire meno l’amarezza di tradire la propria famiglia, e del fatto di aver alla fine capito di essere caduta nel tranello tesogli da Amanda come una sprovveduta. Miguel ascoltava in silenzio e con le lacrime agli occhi quella storia, e mentre la ascoltava, la fissava per vedere se i suoi occhi, almeno i suoi occhi, fossero sinceri, conoscendo bene il livello di meschinità raggiungibile grazie alla droga, e anche se in quegli occhi vedeva solo un immenso vuoto, volle credergli. Così prese la moglie e la piccola, che ormai tanto piccola non era più e poteva intuire qualcosa di quella situazione – “Dio gliene scampi” pensò serissimo – le caricò in macchina, e le portò dritte dritte da sua cugina María, che viveva nel Barrio Logan. Quando arrivarono in casa sua, dopo aver affidato Nora alle cure delle due figlie più grandi di María, e dopo avergli spiegato senza reticenze cosa era accaduto, gli chiese di prendersi cura per qualche giorno di Evelyn, sorvegliandola e legandola se necessario. Lui le avrebbe procurato la droga per evitare quelle crisi acute che erano senz’altro da evitare, ma intimò a sua moglie, che gradualmente, ma con fermezza d’intenti, avrebbe smesso, con le buone o con le cattive. – No si esce dal crack! – aveva urlato in preda alla disperazione lei, mentre lui ripeteva ossessivamente: – Con le buone o con le cattive.

(fine seconda parte – continua…)

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