Ciu-than, anteprima 0

Questo brano, tratto dal mio ultimo lavoro, in fase di elaborazione, che si intitolerà “Ciu-than. Noi non vi capiamo. Dal Mayab alla penisola yucateca odierna, vagabondaggi tra Storia e storie”, è la prima anteprima per questo libro che potrebbe uscire in stampa per fine anno o inizio del prossimo. Spero piaccia e spero che l’attento lettore possa trovare motivi d’approfondimento, come meritano gli argomenti proposti.

La civiltà maya prosperò in una vasta area che naturalmente comprendeva la penisola yucateca, ma anche tutto il sud-est messicano, il Guatemala, il Belice, e porzioni degli attuali El Salvador e Honduras, per un lungo arco temporale che va dal 2500 a.C. circa – anche se in effetti, le popolazioni nomadi proto-maya incominciarono le loro periodiche migrazioni in queste terre già nell’8000 a.C. circa – al 1697, data in cui Nojpetén, capitale dei maya itzaes, nell’odierno Petén guatemalteco, cadde sotto gli attacchi degli spagnoli guidati dal capitano Martín de Urzúa. Questa sorprendente civiltà, che seppe trasformare una moltitudine nomade – che a un certo punto della propria evoluzione incomincia a dedicarsi all’agricoltura divenendo quindi stanziale – in un popolo di fini astronomi, di sensibili artisti, di raffinati architetti e di provetti matematici, non formò mai un grande regno unitario, bensì rimase diviso in varie città-stato, spesso in lotta tra di loro, in cui nobiltà, casta militare e classe sacerdotale finirono per egemonizzarne la società, conquistandone ricchezze, sapere e potere. Quando le lotte tra queste città-stato divennero fratricide, pretendendo dal popolo la stragrande parte del sacrificio a supporto dello sforzo bellico, questi prese a ribellarsi contro i propri sovrani, che uno ad uno vennero deposti, di certo violentemente. Cio finì probabilmente per far scomparire per sempre il fulcro della cultura maya, che difatti, all’arrivo degli spagnoli, non esisteva più, tanto che la maggior parte delle spettacolari città di questo popolo vennero abbandonate, lasciandole divorare dalla natura che nel giro di pochi decenni le inghiottì praticamente del tutto. Quella che era stata una delle civiltà più evolute, in quell’epoca, dell’intero pianeta, finì per ritornare a occuparsi di agricoltura e pesca, disperdendo secoli di civilizzazione che bramosia di potere ed eccessivo sfruttamento dell’ambiente avevano ineluttabilmente minato.
E facendone poi un paragone con la nostra di civiltà, si potrebbe pure ricavarne una morale e un preciso monito…
Quando gli spagnoli comunque giunsero sulle coste dello Yucatán e incontrarono queste popolazioni apparentemente primitive o poco più, incominciarono a chiedere come si chiamasse quella terra così bella e selvaggia, sentendosi rispondere “ci u t’ann”, un espressione che più o meno alle loro orecchie suonava “ciu-than” e che gli iberici interpretarono come nome vero e proprio di quella terra, finendo poi per storpiarla progressivamente in Yucatán. Con quell’espressione però i maya volevano semplicemente dire “noi non vi capiamo” e forse, a riprova che tutt’oggi persiste questa difficoltà di comunicazione tra questi due mondi, la penisola dove sbarcano gli spagnoli continua a conservare quel nome appunto: Yucatán.

 

“E dissero i Progenitori, i Creatori e Formatori, che si chiamanoTepeu e Gucumatz . “È venuto il tempo dell’alba, che si completi l’opera e che vengano alla luce coloro che ci devono sostenere e nutrire, i nostri legittimi figli, i vassalli civilizzati, che nasca l’uomo, l’umanità sopra la superficie della terra.” Così dissero.”

Dal Popol Vuh

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