México Sur Real – La casa del inglés (prima parte)

La giungla è fitta e quasi inaccessibile, un mondo dalla vegetazione dirompente e chiassosa, carica di odori e di suoni e di umidità vitali familiari a tutti gli esseri viventi, ma in qualche maniera anche misteriosa e impenetrabile, tanto che anche i raggi del sole fanno fatica ad addentrarsi tra i rami e le foglie di questo universo dai mille risvolti verdi. C’è uno specchio d’acqua quasi immobile, un torrente che in mezzo a tutto questo verde, sembra verde anch’esso, ravvivato dai riflessi dorati dei pochi raggi di sole che riescono a penetrare tra questa vegetazione che lo ricopre quasi interamente. Il pomeriggio è caldo e afoso, benché durante la mattinata, prima che il sole sorgesse, qui attorno non ci fosse altro che nebbia, una nebbia però calda e viscosa, differente da quella gelida e tagliente cui Edward era abituato nella lontana Inghilterra, suo paese natio.

In quella giungla, Edward Frank Willis James ci capitò quasi per caso dopo aver girovagato per mezzo mondo, grazie soprattutto al fatto di essere di famiglia ricca e quindi privo di preoccupazioni economiche. Sua madre difatti era Evelyn Forbes, figlia di un ricco aristocratico scozzese, tale Sir Charles Stewart Forbes, e suo padre era il ricco proprietario terriero americano William James, magnate dell’industria ferroviaria, nonché discreto esploratore, anche se si diceva che il padre naturale di Edward fosse niente meno che re Edoardo VII. Viaggiò prima in Europa, dove tra i tanti paesi visitati, scelse l’Italia e la Spagna come nuove residenze, divenendo amico inseparabile, nonché decisivo mecenate di un giovane pittore allora molto promettente, tale Salvador Dalí, e di un altro giovane che come Dalí diverrà famoso in tutto il mondo, un certo Pablo Picasso. Quindi si trasferì a Parigi, e successivamente a Los Angeles, dove si mise in contatto con Adouls Huxley, che lo avrebbe iniziato a una specie di corso buddhista. Edward però aveva voglia di scoprire nuovi mondi, nuovi orizzonti in cui il suo spirito anarchico – perché lui stesso si definiva “un anarchico e fedele alla Corona britannica allo stesso tempo” – potesse finalmente esprimere la sua istintiva follia, trasformare cioè i sogni in realtà, sogni che poi lui stesso avrebbe di volta in volta mutilato. Verso la fine della Seconda Guerra Mondiale Edward, forse con il desiderio di allontanarsi il più possibile dalla tragedia di quella guerra, catastrofica per gran parte dell’umanità – questa sì, vera follia – fece ciò che molti fuggiaschi, obiettori di coscienza, disertori e desperados vari, avevano fatto in quegli anni, ossia attraversò la frontera, e andò a vivere in una casa in affitto in quel di Cuernavaca, stato del Morelos, Messico. Da qui prese a viaggiare per l’immensa federazione messicana, irrimediabilmente entusiasmato dalle genti, dai colori, da quell’ambiente così feroce, eppure così carico di ispirazione, di libertà, di tutto ciò che Edward stava cercando, e in fondo di quel surrealismo che l’Uomo Nuovo in quegli anni sognava in Europa e negli states, ma che qui in Messico era la norma, la reale vita di tutti i giorni. Un giorno, dalle parti di Xilitla, anonimo e pacioso villaggio incastrato tra i pendii della Sierra che declina dolcemente nella sorprendente oasi tropicale della Huasteca Potosina, una regione del desertico stato di San Luis Potosí, fa la conoscenza con un personaggio che gli cambierà per sempre la vita, un indigena yaqui di nome Plutarco Gastelum. Plutarco diverrà ben presto la sua guida spirituale e lo condurrà alla scoperta di un mondo affascinante e stupefacente, tra imponenti cascate, giungle piacevolmente asfissianti e torrenti magici.

Chissà cosa gli sarà passato per la testa, se magari avesse intuito qualcosa o se sia stato lo stesso Plutarco a proporgli quel bagno rigenerante per fisico e anima in quel torrente, fatto sta che Edward ora si ritrovava a bagno tra le acque scure e fangose di quel río, con il corpo immerso quasi del tutto, la testa appena affiorante, e lo sguardo da cui traspare chiara l’estasi di quel momento. A un tratto Plutarco “sente” qualcosa, qualcosa di non udibile con l’udito, una specie di richiamo dell’anima, e la stessa cosa succede a Edward, tanto che entrambi si voltano, e dalla giungla vedono una macchia giallognola che si avvicina a tutta velocità ai loro corpi, una nuvola che man mano che si avvicina diventa sempre più grande, e che ben presto si rivelerà per quella che è: centinaia, migliaia, milioni di farfalle gli sono attorno, aleggiano sopra le loro teste, cadono a spirale sfiorando le paciose acque del torrente per poi librarsi di nuovo nell’aria, in un turbine di battute d’ali e di fiammate gialle.

Per James quello è un vero e proprio segno del destino, l’inizio di una specie di missione che diventerà ben presto lo scopo di tutta una vita: la costruzione di una casa surrealista nel bel mezzo della giungla huasteca, una casa per lui e per la famiglia di Plutarco, ma innanzitutto un folle sogno di cemento che si fa tutto uno con la giungla lussureggiante.
Così Edward si trasferisce nella giungla huasteca dove, grazie alle enormi fortune di cui dispone, inizia l’edificazione di quella che altri chiameranno “La casa infinita”, un’allucinazione di cemento la cui costruzione pareva appunto infinita, perché quando si era quasi giunti alla fine della costruzione di qualcosa, inevitabilmente, spinti dall’irrequietezza di Edward o dall’idea di un singolo muratore, la si lasciava lì a farsi divorare dalla giungla, e si rincominciava da qualche altra parte della casa con qualche altra follia. Sarà per questo forse, che alcune scalinate a chiocciola della casa invece di portare al piano superiore, portano nel vuoto più assoluto o che alcune colonne sorreggano il nulla, invece di una qualsiasi costruzione oppure ancora che il vialetto di entrata su cui sono scolpiti degli enormi piedi, siano solo un’altra lucida follia, e che come tutto il resto, sono stati probabilmente concepiti per creare vertigini e stupore…
Il delirio della casa è poi completato dallo stesso Edward che crea lì nelle vicinanze un giardino surreale, cioè un enorme e smisurato spazio nella foresta vergine, dove innumerevoli sculture realizzate in un connubio tra mani e menti della squadra di muratori indigeni che per vent’anni El inglés stipendiò, e le idee stravaganti dello stesso Edward, si intrecciano e si mescolano alla feroce vegetazione di quella giungla. A Xilitla, i pochi abitanti del pueblo, vedevano El inglés ogni mattina, quando accompagnato da Plutarco o semplicemente solo, si recava alla cafetería che era, e continua a esserlo tuttora, anche panificio e rivendita dei più svariati oggetti, dai proiettili per fucili, alle batterie per automobili. Qui Edward entrava, scambiava qualche saluto con le solite facce del paese – un buenos dias o una semplice alzata di sombrero, niente di più – comprava il pane e usciva salutando nuovamente, regalando in questa maniera ai suoi “compaesani” il ricordo eterno di una persona gentile e cortese, forse solo un po’ stravagante, ma che agli occhi di quelle genti semplici appariva del tutto nella norma, anche perché è risaputo che in Messico le persone e le imprese ragionevoli godono di scarso interesse, mentre quelle surreali o apparentemente folli, sembrano riscuotere molto più seguito e rispetto.L’eterna costruzione della dimora, e del relativo giardino “surrealista” che Edward immaginò come un nuovo Giardino dell’Eden, intanto continuava, tra il forsennato costruire e il frustrante mutilare dei suoi sogni ancor prima che potessero divenire realtà, e intanto si evolveva l’idea iniziale, lasciando spazio agli animali che uscivano ed entravano indisturbati dalle gabbie aperte che Edward aveva concepito, tra cui alcuni innocui pappagalli, un molto meno innocuo puma, che però con gli anni aveva iniziato a comportarsi come un micione affetuoso, e un migliaio di volatili che erano ospitati nelle voliere senza reti della tenuta, e lasciando spazio, sempre più spazio, alla vegetazione, di cui l’eccentrico inglese non voleva si recidesse un solo ramo, un solo fiore. Tutto questo certo aveva il suo prezzo, e anche se El inglés era un uomo ricchissimo, pian piano le finanze incominciarono ad assottigliarsi, finché non incominciò a balenargli in testa l’idea di disfarsi di alcune delle preziosissime opere che possedeva, dono dei suoi amici Picasso, Dalí, Magritte… Certo sarebbe stato doloroso pensò Edward, e non tanto per il valore in soldoni che quelle straordinarie opere rappresentavano, quanto per il valore affettivo e per certi versi di appartenenza all’opera stessa, dato che in alcune di queste tele, appariva proprio lui, l’eccentrico inglese che ormai non sopportava neanche solo l’idea di ritornare alla cosiddetta civiltà, fosse anche solo per poche settimane, giusto il tempo di racimolare qualche decina di migliaia di sterline per continuare a costruire nella sua Xilitla… Certamente ne parlò con Plutarco, che probabilmente nel suo essenziale spagnolo, e fedele all’ormai consueta semi-silenziosità del loro magnifico rapporto, gli disse poche chiare parole, che forse suonarono più o meno così: “Hazlo de la mejor manera q’ tú creas“. Edward a questo punto, cominciò a tormentarsi l’anima, diviso tra la voglia di continuare quell’infinito sogno surrealista, e il cariño che provava per quelle opere che ormai facevano parte interamente della sua vita. Poi, la perra vida, lo costrinse a quella scelta dolorosa che sapeva nel profondo del suo io, essere ineluttabile, e che alla fine lo avrebbe costretto a non rimandare oltre.
Così un giorno partì da Xilitla con destinazione Inghilterra, lasciando Plutarco a dirigere i lavori, con la promessa di ritornare al più presto da quella terra che lo aveva visto nascere, quella terra che ora gli era semplicemente indifferente.

(fine prima parte – continua…)

Invito tutte/i quelle/i che visiteranno le pagine di questo progetto che altro non è che la pubblicazione on-line di México Sur Real, di cliccare sui banner pubblicitari presenti su questo e sugli altri articoli presenti e futuri. E’ un piccolo fastidio (io stesso non lo farei mai, se non fosse per finanziare in qualche modo un’attività che è principalmente una passione) ma può essere utile per chi, come me, scrive. Grazie.

 

Verified by MonsterInsights