Ciu-than. Noi non vi capiamo. (estratto per i lettori del blog)

Questo brano, tratto dal mio ultimo lavoro, che si intitola “Ciu-than. Noi non vi capiamo. Dal Mayab alla penisola yucateca odierna, vagabondaggi tra Storia e storie”, è un piccolo estratto di questo libro che potete richiedere in cartaceo mandando una mail a: [email protected]. Spero piaccia e spero che l’attento lettore possa trovare motivi d’approfondimento, come meritano gli argomenti proposti.

Un viaggio lungo le strade della penisola yucateca significa, non solo scoprire le meraviglie naturalistiche e storico-architettoniche di questa terra, non solo venire in contatto con le genti che qui vi vivono, probabilmente uno dei popoli tra i più aperti e ospitali del continente americano, ma significa pure entrare in contatto con una delle cucine, quella yucateca appunto, tra le più entusiasmanti e interessanti del ricco mosaico che è il Messico e l’America Latina tutta, anche in ambito gastronomico. Certo, nella penisola yucateca, ancor di più forse dell’intero Messico, a farla da padrone è naturalmente il chile, quello che da noi si chiama peperoncino, e qui, tra spiagge da sogno e giungla impenetrabile, la piccantezza delle varietà più popolari raggiunge livelli non per tutti i palati. Celebre, da queste parti, ma pure a livello internazionale, è l’habanero, peperoncino tra i più piccanti nell’ampio panorama nazionale, originario dell’Amazzonia sembrerebbe, ma diffusosi velocemente, in epoca coloniale o nei primi secoli precedenti alla conquista, proprio da queste parti, con un eccellente adattamento alla cucina locale.
E difatti sono molte le ricette yucateche e quintanarroensi che ne prevedono l’utilizzo, prima fra tutte la celebre cochinita pibil, piatto di origine maya ma con influenze spagnole. Altre piatti che vanno assolutamente provati da queste parti sono per esempio i papadzules, una versione locale delle enchiladastortillas fritte e arrotolate su ripieni tra i più svariati e successivamente messe al forno – arricchite da ingredienti quali i semi di zucca e l’epazote, un’erbacea della famiglia degli spinaci che dalle nostre parti è “conosciuta” come farinello, oppure la buonissima sopa de lima – una zuppa che a dispetto del nome non è a base di succo di limetta, il cosiddetto limón verde mexicano, ma alla quale questo frutto, verde, piccolo e aspro al palato, che non deve confondersi con quell’errore genetico che è il frutto conosciuto con il nome commerciale di lime, più dolce e aromatico, dona un sapore particolare – e gli altrettanto gustosi e celebri panuchos yucatecos, che hanno una storia interessante da essere raccontata. Originario dei dintorni del barrio di San Sebastián in quel di Mérida, quartiere conosciuto pure con il nome di Ermita de Santa Isabel, sembra che debba i suoi natali a tale “Don Hucho” un locandiero che serviva pasti veloci, ma gustosi – che oggi, per lo scellerato uso che si fa della lingua inglese, si annovererebbe tra i maghi dello street food – che alla richiesta di un viaggiatore di quel periodo – siamo nel XIX secolo – di qualcosa di veloce da mangiare, non avendo sottomano null’altro che un pane, dei fagioli refritos, cioè macinati e ridotti in purea, e un uovo, decise di usarli per fare una sorta di panino con questi ingredienti. Da quel giorno a “Don Hucho” incominciarono a piovere sempre più numerose richieste di quello che i viandanti dell’epoca ribattezzarono “Pan de Don Hucho”, e la ricetta incominciò a evolversi, sostituendo man mano il pane con la tortilla, e aggiungendo altri ingredienti quali la cipolla, la carne di tacchino o pollo, l’avocado, la carota, la lattuga, l’achiote e l’immancabile habanero. Era nato il panucho yucateco. Uno dei re della cucina yucateca è pure il relleno negro, un delizioso platillo a base di carne di tacchino e di maiale, di uova sode, di chilmole – un mole a base di peperoncini del tipo ancho essicato e tostato, che dà pure il tipico colore nero al piatto in questione – e spezie varie, che nella tradizione di queste parti si consuma specialmente per la festività dei defunti, il Hanal Pixán, letteralmente “cibo delle anime”, oppure nel periodo natalizio. Simili ai panuchos, da cui differenziano per la tortilla che in questo caso non viene farcita all’interno dalla purea di fagioli, sono i salbutes, dal maya yucateco zaal, che significa leggero e but, ripieno, che guarniti di lattuga, pomodoro, cipolla, carne di tacchino, avocado e salsa habanero, abbiamo assaporato in quella tarda mattinata a Felipe Carrillo Puerto, preparati dalle abili mani di un’amabilissima signora maya, al riparo dall’acquazzone che in quel momento flagellava quella che più di un secolo fa è stata l’ultima capitale dei maya liberi. Il poc-chuc è invece una maniera di preparare lacarne di maiale, nello specifico i filetti, al carbón, ovvero alla brace, una preparazione che utilizza l’arancia amara, il tomatillo, un piccolo pomodoro verde dal piacevole gusto acidulo, la cipolla e spezie varie, tra cui l’habanero. La carne preparata in questa maniera viene poi consumata assieme agli immancabili tacos, donando all’involto un gusto unico. Sempre in ambito carnivoro, da segnalare la deliziosa longaniza de Temozón, una salsiccia di maiale originaria dell’omonimo pueblo, ubicato appena fuori Valladolid, prodotta fin dalla fine degli anni ’60 dello scorso secolo da poche macellerie a conduzione famigliare del paese, oggigiorno quantificabili sulla ventina, che seguendo una ricetta i cui dettagli sono preziosamente custoditi dai produttori, e di cui si sa solo che la carne utilizzata per realizzare la salsiccia prevede una non meglio specificata marinatura, l’aggiunta di spezie, e un’affumicatura speciale, hanno creato una pietanza importante nella cucina yucateca, conosciuta un po’ in tutto il Messico.

Alla fine di questo breve, e per forza di cose incompleto viaggio attorno alla gastronomia yucateca, resta da commentare l’indubbia verità che la Storia, la cultura e la ricchezza dei costumi e delle tradizioni che tutta la penisola yucateca possiede, immancabilmente si riflette, come per altre culture tra cui quella italiana, nella cucina tradizionale dei luoghi da cui ogni cucina nasce, facendone un motivo in più per percorrerne le strade, siano queste d’asfalto, di terra battuta o acquatiche, oppure di odori, sapori e sensazioni che anche i ricchi piatti che ho provato a descrivere qui, possono regalare.

Essendomi accorto, ormai da diverso tempo che, per motivi legati a un qualche problema al mio account GoogleAdSense, nel mio blog non compare più alcuna pubblicità, e quindi monetariamente non ricavo più nulla dalla pubblicazione di questo e dei precedenti e futuri articoli che mi ostino a scrivere su queste pagine, chiedo ai miei affezionati lettori di contribuire a sostenere questo progetto, nella misura che ognuno riterrà adeguata, attraverso qualche “donazione” una tantum al conto PayPal https://www.paypal.me/piratiedizioni.

Ricordo agli attenti lettori inoltre che i libri precedenti pubblicati in cartaceo sono richiedibili  – “México Sur Real” al costo di 14 euro + 1.28 euro (spedizione ordinaria) o 3.63 euro (spedizione raccomandata), “Venti pirati. Storie di venti pirati e di venti di libertà” (15 euro + 1.28 euro in spedizione ordinaria o 3.63 euro spedizione raccomandata), “Ciu-than, Noi non vi capiamo. Dal Mayab alla penisola yucateca odierna, vagabondaggi tra Storia e storie.” ((12 euro + 1.28 euro in spedizione ordinaria o 3.63 euro spedizione raccomandata) – all’indirizzo: [email protected]. Grazie

Verified by MonsterInsights