Ciu-than. Anteprima 7

Anche questo brano, tratto dal mio ultimo lavoro, in fase di elaborazione, che si intitolerà “Ciu-than. Noi non vi capiamo. Dal Mayab alla penisola yucateca odierna, vagabondaggi tra Storia e storie”, è l’ennesima anteprima di questo libro che potrebbe uscire in stampa per fine anno o inizio del prossimo. Spero piaccia e spero che l’attento lettore possa trovare motivi d’approfondimento, come meritano gli argomenti proposti.

C’è da dire che tutte le spiagge messicane – e quindi anche Xpu-Há – sarebbero, a norma di legge, pubbliche e quindi di libero accesso a chiunque. In realtà però, per raggiungere la maggior parte di queste spiagge, soprattutto da queste parti, si deve passare per un terreno in genere di proprietà del mega hotel di turno, che naturalmente per permettere il transito dei bagnanti che intendono raggiungere la spiaggia, fa pagare una certa cifra, a volte piuttosto alta, anche se poi la spesa si ammortizza subito perché, il più delle volte, nel permesso d’accesso sono compresi l’ombrellone, il lettino, e l’uso della doccia. Resta comunque l’evidente intento della furbata, a cui si potrebbe ovviare portandosi dietro una copia del “Reglamento para el uso y aprovechamiento del mar territorial, vías navegables, playas, zona federal marítimo terrestre y terrenos ganados al mar” che teoricamente, opportunamente esibito all’addetto all’entrata di turno, dovrebbe ovviare all’intento truffaldino, dato che l’articolo 7 di tale regolamento dice chiaramente che ogni messicano – ma forse la cosa è estendibile a tutti gli esseri umani, di qualsiasi nazionalità – ha diritto a usufruire delle spiagge in quanto pubbliche. In realtà anche questo accorgimento potrebbe non funzionare, e dover chiamare la polizia – per la maggior parte spesso incompetente e corrotta, in Messico come in Italia – per una giornata al mare, forse non vale la pena, anche se però farsi alleggerire il portafoglio da chi ne ha già molti ed è pure responsabile di inquinamento e contaminazioni varie, francamente dà come minimo fastidio. La meraviglia che comunque si apre alla vista una volta arrivati in spiaggia ha qualcosa di magico e quasi indescrivibile ma, seppur conscio dei miei limiti letterari, proverò comunque nell’intento. La sabbia è bianchissima e sembra puro borotalco tanto è fine e quasi impalpabile, e capitarci alla mattina presto – si fa per dire, dato che saranno state più o meno le dieci quando vi siamo arrivati –, significa regalarsi una vista e un bagno in ammollo in un mare da cartolina postale, emozioni ambedue impareggiabili, e farlo praticamente in solitaria, visto che i turisti da queste parti sembrano essere davvero poco mattinieri, dà alla visita quel non so che di magico che conquista il viaggiatore immediatamente. Il mare è una meraviglia della natura, una sorta di quadro in movimento dalle combinazioni cromatiche incredibili e dalla trasparenza quasi assoluta. Unico “neo”, la salinità appena eccessiva, che personalmente non apprezzo troppo, ma che nulla toglie alla bellezza del luogo. In più, per un fortuito caso, o per un calcolo non fatto e quindi fortuito appunto, probabilmente per effetto della marea, i fastidiosi sargassi praticamente non c’erano, anche se poi sono comparsi nel pomeriggio in concomitanza con l’arrivo della maggior parte dei bagnanti. Poco male: noi avevamo comunque già goduto almeno tre ore di puro paradiso caraibico quasi in solitaria e, lasciato il mare e le sue fastidiose alghe ai turisti dormiglioni che ora invadevano mare e battigia, ben volentieri ci siamo sdraiati nei nostri lettini e nella penombra dei teli stesi sopra le nostre teste del ristorantino in cui avevamo pranzato dove, sbevucchiando qualche fresca cerveza e ascoltando l’esibizione live, con sola chitarra acustica, di un ottimo cantante e chitarrista, probabilmente argentino visto l’accento rotondo e addolcito con cui cantava alcune canzoni in spagnolo – altre, le prime, erano in inglese tra cui alcune notevoli cover di Chris Isaak e Red Hot Chili Peppers –, ci siamo lasciati cullare dal turbinio dei sensi coccolati da mare, musica e birra. Come dire: alcune tra le cose più piacevoli per cui valga la pena vivere…

Uno sperone corallino apri una breccia nella barca come avrebbe fatto il vomero di un aratro. Non ci importava. Eravamo ormai indifferenti a tutto, dal momento che avevamo davanti un’enorme spiaggia di sabbia bianca incorniciata da una folta linea verde che annunciava ricche sorgenti di acqua fresca.”

Alfonso Mateo-Sagasta

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