Ciu-than. Anteprima 4

Anche questo brano, tratto dal mio ultimo lavoro, in fase di elaborazione, che si intitolerà “Ciu-than. Noi non vi capiamo. Dal Mayab alla penisola yucateca odierna, vagabondaggi tra Storia e storie”, è l’ennesima anteprima di questo libro che potrebbe uscire in stampa per fine anno o inizio del prossimo. Spero piaccia e spero che l’attento lettore possa trovare motivi d’approfondimento, come meritano gli argomenti proposti.

La laguna di Bacalar difatti è raggiungibile dal mare, come già accennato, durante la stagione delle piogge, attraversando le paludi che la collegano al corso del Río Hondo e alla baia di Chetumal,
e anche se l’accesso risulta particolarmente complicato e necessita di un’ottima conoscenza dei cicli delle maree, oltre che dei punti in cui si possa passare senza rischiare di andare a incagliarsi, il passaggio non risultava poi impossibile agli esperti naviganti che erano alcuni dei più temibili corsari dell’epoca. E difatti il Fuerte de San Felipe – progettato dall’italiano Giovanni Podio, costruito proprio per difendere dagli attacchi dei corsari la guarnigione spagnola che aveva insediato la propria sede qui, in un punto strategico lungo la via commerciale che collegava Mérida alle lontane provincie del Guatemala e dell’Honduras – e il cosiddetto Canal de los Piratas stanno a testimoniare le gesta di quanti, pirati, corsari e simili, tentarono la sorte da queste parti, primo fra tutti il cubano Diego El Mulato, conosciuto pure come El Grillo, che al servizio di nientepopodimeno che sir Francis Drake, riuscì nell’impresa di penetrare nella laguna e radere al suolo Bacalar.

Gli uomini e le donne che in quell’epoca si sarebbero fregiati di titoli quali pirata, brigante del mare, bucaniere, predone, corsaro, filibustiere, avventuriero, cavaliere o termini affini sono stati, a dispetto di quanto si voglia credere, non solo protagonisti di avventure incredibili che sembrano appartenere più alla fantasia di qualche ottimo scrittore che non alla Storia ufficiale, ma in molti casi protagonisti primi di quella Storia da cui l’ipocrisia di stato, le reticenze delle varie chiese e la necessità dell’attuale sistema economico di presentare agli occhi dell’opinione pubblica un’immagine pulita di sé, hanno spesso cercato di rimuovere, con alterne fortune. Certo, esisterebbero in teoria delle distinzioni che qualcuno ha voluto farci credere abbastanza nette tra alcune di queste categorie, come scrive ad esempio Salvatore Bono nel suo libro “Corsari nel Mediterraneo” dove l’autore, affrontando la questione delle differenze tra corsari e pirati, cerca di spiegare: “Corsaro è colui che opera con l’autorizzazione o addirittura in nome e per conto di uno stato, svolgendo perciò un’attività del tutto legale, sotto il profilo non solo del diritto interno ma anche di quello internazionale. Pirata invece è colui che esercita la stessa rischiosa attività del corsaro – assaltare navi e catturare uomini e merci, perfino con sbarchi a terra – senza autorizzazione, senza osservare alcuna norma né rispettare limitazioni, […]; il pirata è dunque letteralmente un fuorilegge”. Lo stesso Bono però, qualche riga prima sembra giustamente dubitare, anche se parzialmente, di queste affermazioni quando dice, riferendosi appunto a questa distinzione, che “in concreto non è sempre facile applicarla”. Curiosa poi la precisazione che fa al riguardo dei pirati quando elenca la loro mancanza di regole per così dire “etiche”, arrivando a scrivere che “non esitano ad attaccare imbarcazioni e naviganti di stati amici”. Bono forse si dimentica che i pirati, in linea di massima, non avevano stati amici, tanto che Pino Cacucci li definisce “uomini liberi in guerra contro ogni potere” e poi, “anarchici ante litteram”, mentre qualcuno di loro si autodefiniva, probabilmente in maniera puramente provocatoria, addirittura “nemico dell’umanità”, figuriamoci se non nemico di qualunque stato, dato che questi erano in fin dei conti – ma si potrebbe tranquillamente coniugare al presente la frase – i veri e reali nemici di qualsiasi umanità, basterà portare a prova le inutili guerre che ogni stato, di qualsiasi orientamento politico e in qualsiasi momento storico, ha condotto non solo ai danni di altri stati nemici, ma in concreto, contro una o più porzioni d’umanità.

[…]

Quelli che però passarono dalle parti di Bacalar furono, nella stragrande maggioranza dei casi corsari, spesso al soldo degli inglesi, che difatti avevano nel vicino di quello che i britannici chiamavano territorio del Belice, il rifugio sicuro dopo ogni incursione nelle terre yucateche del Vicereame della Nueva España. Tra gli altri si possono ricordare il già citato Diego El Mulato, cubano di nascita, ma spagnolo e africano di origine – era difatti figlio di una schiava africana e di uno spagnolo – che servì sua Maestà inglese saccheggiando l’allora Villa de Salamanca de Bacalar nel 1642, Abraham (o Albert) Blauvelt di cui si sa che con Bacalar ci provò due volte, una nel 1648, conseguendo un buon successo prima di essere messo in fuga dal capitano Bartolomé Palomino, e poi nel 1652, quando rade al suolo la cittadina e si prende la rivincita su Palomino, uccidendolo. Di colui che invece diede il nome, attraverso varie storpiature del proprio cognome, al vicino Belice, ovvero il fantomatico bucaniere scozzese Peter Wallace (v o w in spagnolo si pronunciano b, per cui il cognome si sarebbe modificato gradualmente in Balis, Belis e quindi Belice), ma di cui non è provato neanche il fatto che sia esistito davvero, non c’è traccia in nessun documento di un suo passaggio per Bacalar, anche se la cosa dovrebbe essere altamente probabile dato che lo scozzese avrebbe commerciato del taglio illegale di mogano e del cosiddetto legno di campeggio o campeccio (Haematoxylum campechianum) da cui si ricavavano preziose tinture usate nell’industria tessile della lana, e Bacalar era posta, come già accennato, a metà strada lungo la via commerciale che collegava la capitale dello Yucatán, Mérida, con le provincie del Guatemala e dell’Honduras.

Yo nací con la luna de plata
nací con alma de pirata,
he nacido rumbero y jarocho
trovador de veras,
y me fui lejos de Veracruz.

Augustín Lara.

Essendomi accorto, ormai da diverso tempo che, per motivi legati a un qualche problema al mio account GoogleAdSense, nel mio blog non compare più alcuna pubblicità, e quindi monetariamente non ricavo più nulla dalla pubblicazione di questo e dei precedenti e futuri articoli che mi ostino a scrivere su queste pagine, chiedo ai miei affezionati lettori di contribuire a sostenere questo progetto, nella misura che ognuno riterrà adeguata, attraverso qualche “donazione” una tantum al conto PayPal https://www.paypal.me/piratiedizioni. Ricordo agli attenti lettori inoltre che i libri precedenti pubblicati in cartaceo sono richiedibili  – “México Sur Real” al costo di 14 euro + 1.28 euro (spedizione ordinaria) o 3.63 euro (spedizione raccomandata), “Venti pirati. Storie di venti pirati e di venti di libertà” (15 euro + 1.28 euro in spedizione ordinaria o 3.63 euro spedizione raccomandata) – all’indirizzo: [email protected]. Allo stesso indirizzo vi potete rivolgere per informazioni su “Ciu-than. Noi non vi capiamo. Dal Mayab alla penisola yucateca odierna, vagabondaggi tra Storia e storie”, di prossima pubblicazione, e per ogni altra eventuale informazione. Grazie.

Verified by MonsterInsights