Ciu-than. Anteprima 2

Questi due brani, tratti dal mio ultimo lavoro in fase di elaborazione, che si intitolerà “Ciu-than. Noi non vi capiamo. Dal Mayab alla penisola yucateca odierna, vagabondaggi tra Storia e storie”, sono la terza anteprima di questo libro che potrebbe uscire in stampa per fine anno o inizio del prossimo. Spero piaccia e spero che l’attento lettore possa trovare motivi d’approfondimento, come meritano gli argomenti proposti.

Nei primi giorni del 2018 il Gran Acuifero Maya, un gruppo multidisciplinare di ricercatori con base nel Quintana Roo, ma composto da esperti provenienti da Messico, Germania, stati Uniti, Italia e Canada, ha scoperto che due cenotes localizzati a trenta minuti d’auto a nord di Tulum, il Sac Actun e il Dos Ojos, oltre a costituire ciascuno un sistema piuttosto complesso di grotte sotterranee inondate d’acqua cristallina e purissima, della lunghezza di molte decine di chilometri, sono in realtà collegati tra di loro, così da formare il sistema di grotte sotterranee, tra quelle conosciute, più grande al mondo, tanto che le misurazioni effettuate hanno attestato addirittura i 347 chilometri di lunghezza. Per capire però correttamente il fenomeno bisogna innanzitutto spiegare cos’è e come si sono formati i cosiddetti cenotes. Il cenote è il risultato del collassamento di una grotta carsica, in pratica un grande buco inondato dall’acqua piovana che corrodendo la superficie porosa del suolo yucateco – che milioni di anni fa, ricoperto da un immenso sistema corallifero era sepolto sotto al mare – ha creato un ambiente sotterraneo di cave e fiumi d’acqua dolce. L’archeologo messicano Guillermo de Anda, capo responsabile dell’equipe, spiega che il sistema di grotte in questione contiene più di cento contesti stratigrafici tra i quali evidenze dei primi abitanti dell’America, della fauna e della flora estinta, oltre che naturalmente della cultura maya. Tra gli altri sono stati rinvenuti i resti antichi di 15 mila anni di bradipi giganti, proto elefanti chiamati gonfoteriidi e orsi, così come di un elaborato tempio dedicato al dio maya della guerra e del commercio. Inoltre sono stati rinvenuti numerosi resti umani tra i quali uno scheletro quasi integro di almeno nove mila anni fa. Chiaramente per un qualsiasi normalissimo turista la visita completa dell’immenso sistema di grotte – che ha preso il nome di quella più grande tra le due grotte, ossia Sac Actun – è impossibile, e ancor di più per chi come il sottoscritto non sa nuotare, per cui nella nostra visita della zona di Tulum ci siamo dovuti “accontentare” dell’escursione mattutina all’omonimo sito archeologico e di un pomeriggio che avevamo programmato nella paradisiaca spiaggia di Xpu-Há, posta a qualche decina di chilometri a nord di Tulum, ma che per impedimenti di genere meteorologico, abbiamo rimandato di qualche settimana.

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Poi, nelle vicinanze e pure in pieno centro storico, degni di nota ci sono tre cenotes, quello di Dzitnup, che da qualche tempo si chiama X’kekén, quello di Samulá e quello di Zaci, quest’ultimo appunto, che si incontra a pochi isolati dal centro. Nel nostro soggiorno in città abbiamo avuto modo naturalmente, di visitarli tutti e tre scoprendo cose molto interessanti e perché no, anche divertenti. Il primo e il secondo, quello di X’kekén e quello di Samulá, si trovano fuori città a pochi minuti di taxi dal centro, e hanno la caratteristica di avere delle acque cristalline dove è possibile, in tutto relax, farsi un bagno in una atmosfera irreale e poco illuminata, visto che oltre ad un paio di fari che illuminano le pareti dei cenotes, la poca luce solare entra esclusivamente da un piccolo buco naturale posto ad un centinaio di metri più su, la quale regala ai due cenotes un’aura quasi magica. In tutt’e due inoltre, ci sono centinaia e migliaia di piccoli pesciolini neri – e man mano che ci si immerge, sembra che le dimensioni di questi pesciolini aumentino – che sono “specializzati” nel ripulire la pelle del bagnante di turno dalle impurità e dall’epidermide oramai vecchia. Dei veri e propri addetti alle pulizie, quindi… In quello di Zaci invece, è possibile immergersi solo seguendo una fune a cui bisogna obbligatoriamente afferrarsi per scongiurare qualsiasi possibilità di annegamento. Inoltre questo, è un cenote classico, ossia simile ad un enorme buco sul terreno con l’uscita superiore larga almeno, se non di più, il diametro del cenote al livello della pozza d’acqua. L’acqua non è così pulita e cristallina come quella degli altri due cenotes di Valladolid, questo perché terra, foglie e quant’altro cadono più facilmente in una apertura grande come questa, però i colori di quest’acqua sono ugualmente fantastici e sorprendenti. Da notare, in quel di Zaci, la curiosa ed anche un po’ inquietante presenza di un piccolo pesce nero, il lub, probabilmente imparentato con i pesciolini degli altri due cenotes cittadini, una rarissima specie di pesce nero priva d’occhi che costituisce, per esperti e studiosi un piccolo mistero.

“Cosa sarà venuto a fare qui sotto?” “La solita cosa…” “… la ricerca delle origini, della razza perduta…”

Dialogo tra stilizzazioni di anziani maya in “Corto Maltese. Mū, la città perduta”

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