Verso Puerto Peñasco – Più a sud della vendetta (3rza anteprima)

Il deserto di notte è un’entità oscura, quasi eterea. Nei minuti che precedono l’alba diventa semplicemente un miraggio, un’allucinazione che si sfilaccia dietro alle palpebre, rese pesanti dalle molte ore passate senza chiudere occhio. Là fuori invece, oltre il finestrino e la notte che moriva, continuava a scorrere quell’immensa piana, costellata da arbusti rinsecchiti, sporadiche baracche con il tetto in lamiera e vecchi frigoriferi abbandonati lungo la strada. In pochi minuti, la grossa palla infuocata che velocemente sarebbe spuntata all’orizzonte, avrebbe anche preso a scaldare, con sempre maggior intensità, le loro stanche membra, infreddolite dalle rigide temperature della notte nel deserto. Gli avevano già parlato, a Piero, di questo fenomeno, ma mai avrebbe pensato che davvero, in un posto dove di giorno non di rado si raggiungono e superano i quaranta gradi, di notte la temperatura potesse scendere anche sotto lo zero. Il rivelatore che Julián teneva d’occhio, a cadenza regolare, per non rischiare di perdere il segnale che proveniva dall’auto in fuga con cui don Pepe e i quattro suoi scagnozzi erano diretti chissà dove, rimandava chiara la posizione dei fuggitivi: erano proprio davanti a loro, con neanche mezza dozzina di chilometri di vantaggio. Forse si erano convinti di averli seminati, molto più probabilmente, vista la velocità con cui ancora viaggiavano, sapevano che qualcuno li stava inseguendo, anche se forse non sapevano esattamente chi fosse il qualcuno in questione. Chissà quanto ci avrebbero impiegato a capire, don Pepe e la sua squadra, come era che, chiunque fosse l’inseguitore, costoro gli erano ancora alle calcagna dopo quella roccambolesca fuga nella Mesa de Otay. E chissà quanto tempo, presumibilmente poco, avrebbero impiegato per trovare il rivelatore che Óscar, qualche istante prima di morire freddato da qualcuno dei pistoleros di don Pepe Torres, era riuscito ad appiccicare tra la scocca e il paraurti posteriore di quell’auto in fuga. Queste e altre domande si addensavano tumultuosamente nel cervello di Piero, che passato alla guida, conduceva in silenzio il pick-up, concentrato verso un punto che solo immaginava, ma che rappresentava per lui tutto ciò che in quel momento gli rimaneva come obiettivo per tutta l’esistenza. “Quel figlio di puttana me la pagherà con la vita” pensò. Quei pensieri di Piero, e la piatta calma che era andata materializzandosi a poco a poco dentro quella macchina – in evidente contrasto con il concreto dinamismo dell’esterno che nel buio scorreva fuori dai finestrini – fossilizzarono per un attimo, lungo in realtà diversi minuti, la scena: non sembrava accadere nulla né fuori né dentro, e intanto la notte scompariva là fuori, nel deserto infinito. Quando però Julián, ridestandosi da quel torpore preludio di un sonno la cui presenza si stava lentamente concretizzando tra gli occhi, si accorse che il puntino rosso che stavano inseguendo era fermo da qualche parte a meno di quattro chilometri da loro, e chissà da quanto tempo lo era, comunicò il fatto a Piero che accellerò senza pensarci troppo, sperando di arrivare alle loro spalle prima che questi avessero potuto muoversi. Passarono pochi secondi e il puntino riprese a lampeggiare muovendosi in direzione sud-est, ancora quindi lungo la statale 8. – Accidenti – esclamò Julián – quei maledetti si sono rimessi in marcia – al che Piero, battendo il pugno sul cruscotto, provò ad accellerare ancor di più, rischiando in questa maniera, nonostante la strada fosse poi prevalentemente diritta, di finire pure fuori strada. Quando passarono davanti alla piccola casupola dove Torres e i suoi si erano fermati a fare chissà che, Piero all’improvviso si accorse di quella costruzione, e guidato dall’istinto frenò facendo fischiare i freni, un fischio che Torres avrebbe senz’altro udito se si fosse trovato a piedi nel punto che la sua auto toccava in quel momento. Innestata la retromarcia, Piero portò il pick-up proprio di fronte alla bassa costruzione, e sceso, si accorse dopo un po’ che c’erano delle orme umane che puntavano verso il deserto. Le seguì, e quando raggiunse un profondo buco che era stato appena scoperto, fu raggiunto prima da Julián e poi da Deylin. – Qui mi sa che il nostro amico ha fatto rifornimento – sentenziò Julián dopo essersi ripreso in parte dalla corsa piuttosto sostenuta che aveva compiuto per raggiungere Piero – e non si tratta certo di un rifornimento di alimenti – aggiunse il colombiano.– Non mi importa un fico secco di cosa abbia preso qui quel figlio di puttana – ringhiò Piero – comunque lo prenderò – e dicendo ciò fece segno ai suoi compagni di sventura di seguirlo, mentre di corsa tornava alla macchina lasciata con fari e motore acceso ai bordi della strada. Quando partirono, facendo questa volta fischiare gli pneumatici, Piero, Julián e Deylin, ormai completamente ridestati per gli accadimenti appena successi, si ritrovarono insieme, ma ognuno senza darsi conto di stare osservando lo stesso fenomeno degli altri due, a fissare il sole che oramai aveva staccato la sua corona dall’orizzonte attorno, mentre rischiarava una nuova giornata d’esistenza nell’aridità di quel mondo.

Questa è, come si può capire da titolo e foto di quella che sarà la copertina del libro, la terza anteprima del mio primo romanzo (che uscirà, se tutto va bene, non prima del prossimo anno), la cui trama ha la principale caratteristica (almeno nella prima metà dello stesso) di essere, per così dire, un romanzo multilineare, cioè con storie diverse (quattro per la precisione) che si intrecciano a vari livelli e con un’importante distorsione del tempo cronologico, alla Alejandro González Iñárritu tanto per capirci, ma in versione letteraria. Don Pepe Torres, boss di una fazione dissidente del fantomatico Cártel de las Californias, Julián, sicario colombiano deciso a cambiare vita, Deylin, clandestina nicaraguense che non si rassegna alla povertà in cui è nata, e Piero, disincantato ribelle cui il destino porta via la giovane famiglia che stava faticosamente costruendosi, daranno vita a queste storie che finiranno per incrociarsi, nel bene e nel male, e a far riflettere il lettore sul senso della vendetta, da cui una parte del titolo del romanzo stesso.

Ricordo agli attenti lettori che i libri che ho pubblicato precedentemente sono richiedibili – al costo di 14 euro + 1.28 euro (spedizione ordinaria) o 3.63 euro (spedizione raccomandata) per “México Sur Real – Racconti di paradossale realtà e ordinario “surrealismo” alla messicana”  e di 15 euro + 1.28 euro (spedizione ordinaria) o 3.63 euro (spedizione raccomandata) per “Venti pirati. Storie di venti pirati e di venti di libertà“, all’indirizzo: [email protected]

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