Un rifugio alla Arcosa – Più a sud della vendetta (4rta anteprima)

“Il destino è imprevedibile” pensava don Pepe Torres mentre il suo commando di fedelissimi, a bordo di una nuova auto – non era difatti consigliabile usare, in quelle occasioni, sempre la stessa –, scortati da un’altra vettura che li precedeva di pochi metri, lo portava verso la Otay Mesa. “E solo l’incertezza è la vera condizione della vita” finì nel suo ragionamento, osservando scorrere fuori dal finestrino la placida sagoma, tozza e sfuggente, di San Diego nella fulgida luce della mattina californiana. Pensava che stava tornando nel suo Messico, nella Tijuana che avrebbe dovuto essere sua, ma vi tornava da fuggiasco, da braccato, e per di più la destinazione era solo la squallida periferia di quello che doveva essere il suo regno, il suo personale possedimento. Telefonò alla moglie, che in quel momento era diretta a Phoenix, accompagnata dal figlio e da delle guardie del corpo, precedute anche queste da una vettura in appoggio, parlandogli con lo stesso “trasporto” con cui quotidianamente le chiedeva come stesse. E si chiese, non cercando volutamente risposta, chi stasera l’avrebbe scopata… A lui invece, toccava di fuggire, attraverso un tunnel angusto e claustrofobico, per andare a rifugiarsi nel poco accogliente ufficio di una delle sue aziende impersonali e asettiche. Quando finalmente giunsero al tunnel, la cui entrata era posta all’interno di una casupola ai margini dell’area recintata di un grande capannone industriale, il sole era ben alto in cielo e l’afa si era fatta quasi insopportabile, nonostante la stagione, e strideva fastidiosamente con l’aria condizionata di cui avevano goduto all’interno dell’auto fino a quel momento. Maledì per questo i gringos che non avevano sviluppato la stessa resistenza al calore dei messicani, e che avevano diffuso in tutto il mondo quegli aggeggi infernali che erano i condizionatori, e si diresse velocemente all’entrata al tunnel. Partirono prima in tre, tre dei suoi fedelissimi, e al secondo viaggio fu la volta sua e di altre sue due guardie. Poi a seguire arrivarono gli altri suoi scagnozzi, cui si aggiunsero una coppia di pistoleros che li stava attendendo al di là del confine. Le operazioni furono svolte con una certa maestria, frutto dell’esperienza ormai acquisita in quel contesto, evitando accuratamente assembramenti troppo folti e disguidi che avrebbero potuto pregiudicare tutto il movimento, tanto che l’azione si svolse in un tempo relativamente breve, lasciando a Torres la sensazione di non aver in realtà passato alcun confine. E invece, quando uscì dalla baracca d’uscita dall’altro lato del confine, il Messico si stendeva lì davanti al suo sguardo, verso tutto l’immenso sud che la sua vista coglieva, e i suoi passi calpestavano una terra che i suoi piedi conoscevano bene, fin troppo bene…Venne preso in consegna dalla coppia di pistoleros che lo stava attendendo, e in compagnia degli altri tre fedelissimi che lo avevano accompagnato, salirono su di una camioneta che in pochi minuti giunse dietro a un tetro capannone industriale dipinto di un bianco sporco. Era arrivato alla Arcosa, una delle sue maquiladoras… Un cancello elettrico si aprì al passaggio delle piccola colonna di mezzi che non avrebbero risvegliato l’interesse di nessuno visto l’andirivieni di veicoli di tutti i tipi – anche se prevalevano, bisogna ammetterlo, i grossi trailer – e quando finalmente varcò la soglia di una delle entrate posteriori al capannone, Torres finalmente si rilassò, sbuffando per l’ipotetico pericolo evitato anche questa volta. Fu comunque questione di pochi attimi che si concesse, perché aveva imparato, vivendo “l’esperienza” più di qualche volta, che l’attenzione spesso, può salvarti le penne… Venne accolto dal direttore del capannone industriale – in pratica un suo affiliato – che lo accompagnò, dopo i consueti saluti, al suo ufficio, proclamando solennemente: – Questo modesto ufficio – disse indicando la grande stanza con un gesto un po’ troppo magniloquente – sarà la sua residenza per tutto il tempo di cui ha bisogno, mí jefe, iniziando in seguito nell’elencare tutti i comfort di cui quella stanza poteva contare. Torres nemmeno lo ascoltò e quando si stufò di quelle chiacchiere vacue, lo interruppe bruscamente chiedendo di procurargli immediatamente qualche bottiglia di Buchanan’s whiskey etichetta deluxe 12 anni e di non farsi rivedere senza almeno una bottiglia in mano. Quando il direttorino, costernato, uscì, don Pepe pensò che non aveva assolutamente voglia di whiskey né di altri tipi di alcoolici, ma l’unica maniera di evitare di sparare immediatamente in testa a quel rompicoglioni, era quello di mandarlo a comprare qualcosa in giro. Ordinò a due sue guardie di non far avvicinare nessuno all’ufficio, escluso quell’invadente direttore, ma solo per portargli il whiskey, si chiuse dentro, abbassò il livello del condizionatore e sprofondò nella comoda poltrona in pelle del direttore. Fu per essersi rilassato troppo dopo così tanta tensione, oppure reale per stanchezza, ma Torres si addormentò senza neanche accorgersene, e quando si risvegliò, per un attimo parve non ricordarsi dove fosse. Quando riacquistò un minimo di memoria, stiracchiandosi, si alzò e andando alla porta notò, non solo che gli erano state portate ben dodici bottiglie di whiskey, ma pure che le due guardie che avrebbero dovuto stare a guardia del suo ufficio, se ne stavano invece in fondo al corridoio a bersi un caffè, senza il suo permesso… In un attimo li raggiunse, incominciando a malmenarli e insultarli pesantemente, con i due che cercavano di proteggersi dai colpi, nella maggioranza dei casi molto violenti, che il loro capo gli stava infliggendo. – Siete fortunati che non vi ammazzo come cani quali siete – urlò don Pepe aggiungendo – e ora andate via e mandate qualcuno di più disciplinato… cani che non siete altro! E fu proprio in quel momento che apparve davanti allo sguardo furioso di Torres, un essere femminile, un’operaia della maquiladora vista la divisa, un donna che l’uomo conosceva, ne fu subito certo, anche se non si ricordava dove l’aveva conosciuta. Per un attimo, un lungo attimo che in realtà non durò che qualche secondo, don Pepe restò interdetto, non sapendo che fare o che dire, e quando all’improvviso si mosse, lo fece con uno scatto degno di un velocista o quasi, per andare a chiudersi dentro il suo ufficio e prendere in mano il telefono ordinando di mandare due guardie sveglie e disciplinate. Chiese inoltre che le sale e i corridoi dell’area amministrativa del capannone fossero interdetti alla manovalanza e in generale a chiunque, prima che lui non avesse autorizzato eventualmente il passaggio. “Questi incompetenti mi faranno ammazzare” pensò stizzito don Pepe Torres mentre sbatteva giù*, con una certa violenza, la cornetta del telefono…

Questa è la quarta anteprima di “Più a sud della vendetta“, il mio primo romanzo che sto faticosamente scrivendo in questo periodo. E’ la quarta anteprima (anche se, rispetto all’ultima pubblicata, vista la distorsione cronologica che ho voluto dare alla trama – o meglio alle trame –, si ritorna indietro) nonostante nel blog ne compaiano curiosamente solo altre due, e questo perché quella che era la seconda anteprima è misteriosamente scomparsa. Attacco hacker dalla Russia o nordcoreano? Boicottaggio di Altervista? Oscillazioni delle borse asiatiche? Intervento della CIA? Semplice rincoglionimento mio che l’ho inavvertitamente cancellato? Non lo so. Fatto sta che per ora non c’è più, ma mi riprometto di aggiungerlo appena avrò tempo e voglia. Intanto comunque, beccatevi questo…

Ricordo agli attenti lettori che i libri che ho pubblicato precedentemente sono richiedibili, al costo di 14 euro + 1.28 euro (spedizione ordinaria) o 3.63 euro (spedizione raccomandata) per “México Sur Real – Racconti di paradossale realtà e ordinario “surrealismo” alla messicana”  e di 15 euro + 1.28 euro (spedizione ordinaria) o 3.63 euro (spedizione raccomandata) per “Venti pirati. Storie di venti pirati e di venti di libertà“, all’indirizzo: [email protected]

Invito inoltre, come sempre, tutte/i quelle/i che visiteranno le pagine di questo blog a cliccare sui banner pubblicitari presenti su questo e sugli altri articoli passati e futuri. E’ un piccolo fastidio (io stesso non lo farei mai, se non fosse per finanziare in qualche modo un’attività che è principalmente una passione) ma può essere utile per chi, come me, scrive. Grazie

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