Stylo

A pomeriggio oramai inoltrato, finalmente, smise di piovere. Con nostra grande sorpresa l’immensa distesa di piante rinsecchite e terra arida che era stato quel deserto fino a poco prima, ora si era trasformato in un prato fiorito che si estendeva all’infinito. Sarebbe durato poco ci spiegò Esteban. Infatti, in pochi minuti il sole incominciò a scaldare tutta la piana, bruciando a vista d’occhio la giovane fioritura e asciugandoci l’umidità di dosso. Viaggiavamo a una velocità costante, senza la minima idea di dove stavamo andando, né del perché lo stavamo facendo. Nello stereo, Esteban aveva messo “Stylo” dei Gorillaz, e all’inizio, quando Damon Albam dice “Oh Stylo… (juice)/ Go forth, blossom in your soul/ When you know your heart is light/ Electric is the love…“, per un attimo il sole prese a brillare così intensamente che tutti noi fummo obbligati a chiudere gli occhi, tranne Jack, che fortunatamente portava degli occhiali da sole. I pochi fiori rimasti bruciarono in fulgide fiammate e rinacquero gioiosi, nei nostri cuori, appena qualche secondo dopo, quando riaprimmo gli occhi. Il sole poi ritornò a fare il proprio lavoro e noi proseguimmo imperterriti, estasiati e gaudenti. A un tratto udimmo un lamento fastidioso che altro non poteva essere che il miagolio di una sirena di un’auto della polizia. Mi voltai: era una Ford Topaz marrone con il lampeggiante rosso e blu acceso. – ¡Mierda! Federal de caminos – imprecò Esteban, dopo essersi sporto lateralmente dall’auto ed essersi voltato per vedere. Ci spiegò che i federales de caminos sono effettivamente poliziotti, anche se la loro principale occupazione è andarsene in giro per le strade alternative alle cosiddette autopistas de cuota, le autostrade a pagamento, alleggerendo gli sventurati che hanno la sfortuna di incontarli. – Girano da soli per non dividere con eventuali colleghi; è logico – aggiunse con un certo sarcasmo. “È logico” pensai io mentre il buon vecchio Esteban rivolgeva innocentemente il dito medio al poliziotto. Per primo partì il retrovisore lato guida. Poi in rapida successione fu la volta della luce posteriore destra e del cristallo anteriore, finché un proiettile non sibilò non troppo distante dalla testa di Danny. Poi lo sbirro accelerò fino ad affiancarci: era un uomo di mezza età, occhiali da sole e chewing gum in bocca, piuttosto atletico da quel che si intuiva. Guidava con la sinistra, mentre con la destra impugnava il ferro. Per un istante, dopo essersi tolto le lenti, ci guardò sprezzante. Jack si impauri e colto dal panico si mise, inutilmente, a tirar su il finestrino, mentre tutti noi ci nascondavamo sotto, protetti dagli sportelli. “Overload, overload, overload/ Comin’ up to the/ Overload, overload, overload/ Comin’ up to the…” gracchiva lo stereo quando un’assordante colpo di pistola mandò in frantumi il vetro dalla parte di Jack. Fortunatamente, il nostro non troppo loquace chitarrista si abbassò in tempo, altrimenti la sua testa spappolata dal proiettile esploso dal poliziotto, di sicuro sarebbe volata fuori dalla macchina senza il resto del corpo. Ripresosi subito dallo shock, Jack scalò la marcia, e in quarta, rischiando di fondere il motore, accelerò, riuscendo a staccare quel pazzo fottuto sbirro. Ma come la fortuna aveva favorito la testa di Jack e il culo nostro qualche istante prima, questa volta fu la volta della mala sorte a correrci in contro. Difatti, proprio qualche secondo dopo, finì la strada che avevamo conosciuto fino ad allora – prevalentemente diritta e sufficientemente larga dal permettere l’agevole passaggio di due mezzi – e iniziò, senza annunciarsi preventivamente, una più stretta strada in salita, fatta di curve e stretti tornanti. Non fu alla prima di queste curve – dove però sbandammo pericolosamente – né tanto meno nel breve rettilineo dove comunque Jack ebbe il suo bel da fare per tenere in strada l’auto. No, fu solo alla curva successiva, molto più a gomito di quella appena superata, che Jack perse completamente il controllo della nostra Eldorado. Uscita ormai di strada, l’auto spiccò un balzo contro un immenso cartellone pubblicitario fatto solo di carta, e continuò quell’inusuale volo, per una macchina, in direzione di uno sconfinato specchio d’acqua che doveva assomigliare da vicino alla scena che vide Noè alla fine del diluvio universale descritto dalla Bibbia. “When the mako flies, (a giant fish)/ up from the bottom, in your eyes/ then I know the twilight skies/ are not so broken hearted. (from the end of the line)…” ancora riusciva a biascicare lo stereo durante quel disperato protendersi in volo della nostra auto e delle nostre anime, fino a che la superfice d’acciaio di quell’oceano nel deserto non ci inghiottì schiaffeggiandoci violentemente… Poi, a eccezione di un flebile bagliore rosso provocato dalle luci di posizione posteriori della nostra auto, tutto attorno ci avvolse il buio, e mentre precipitavamo leggeri verso gli abissi più profondi, le nostre anime si fusero a quella della Eldorado che si trasformò, ma non potrei giurarlo, visto il buio, in un grande pesce, uno squalo, le cui estremità delle pinne erano ancora illuminate dalle luci di posizione rosse della nostra vecchia Eldorado…  

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